Per i lavoratori precari, la compilazione del cv è un'operazione sempre più complessa.
La vita del precario è una somma di lavori, anche diversissimi fra loro, che si susseguono - nella migliore delle ipotesi senza sosta - e diventano causa di gravi crisi di identità quando si tenta di metterli su carta in fila uno dietro l'altro. A volte, a vederli dettagliati nero su bianco, si evidenziano le differenze abissali fra un incarico e l'altro e si teme di dare l'impressione di aver improvvisato per tutta la vita, prendendo quello che passava il convento senza un percorso, senza un progetto.
Crisi che si acuisce se si comincia a dare ascolto a sedicenti consiglieri e consulenti: fai un cv creativo, metti tutto, non mettere niente, specifica, metti in nota... Crisi di proporzione abissale se ci si confronta con le richieste della pubblica amministrazione, una asettica cronologia di date e luoghi.
Crisi che non ti lascia, quando vorresti che l'inchiostro da solo spiegasse come mai hai svolto quell'incarico assurdo, o come mai hai lasciato il lavoro più sicuro del mondo; in quei momenti in cui vorresti spiegare che quella collaborazione così strana, iniziata quasi per caso, ti ha poi portato amicizia, viaggi, lunghe ore di chiacchierate, scontri, dubbi, incontri e tutte quelle sensazioni ed esperienze così umane e indimenticabili che solo narrarle le svuota di significato. Quei momenti in cui vorresti spiegare che ci sono lavori che hai lasciato e che non rifaresti più, ma nati in occasioni delle quali rimpiangi il contesto.
Quei momenti in cui ti chiedono "ci dica qualcosa su questo incarico" e tu sai che non potrai mai narrare di ciò che ha contato veramente, quando ti chiedono "l'esperienza maturata durante questo periodo?" e tu non riuscirai a parlare se no di banalità, se non di cose di cui non ti interessa proprio nulla.
Quei momenti in cui guardi quella pietra incastonata in una fila di perle, e tutto è cambiato e qualcuno se n'è andato, e vorresti solo che tornasse perché c'è ancora tanto da dire e da fare.
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