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13/104 è il numero magico, e ora? E ora è tutto da scoprire, sicuramente il meglio arriva da adesso in poi... Buona lettura!


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venerdì 12 aprile 2013

Contro gli sprechi

Peggio della mancanza di lavoro, secondo me, c'è solo lo spreco di lavoro. E più è alta la penuria di lavoro, più è offensivo il suo spreco.
Viviamo tutti un momento critico: per i più giovani sono difficoltà respirate attraverso i pori della pelle tutti i giorni, tutti i santi giorni, festivi e feriali chissà per quanto tempo. Per i loro genitori è l'ansia di non aver saputo costruire nulla di più solido di un'effimera precarietà che in troppi hanno l'impudenza di chiamare "flessibilità". Per la generazione dei nonni è piuttosto la confusione, a tratti l'impotenza e un potere che è quasi una condanna, condanna a restare, loro malgrado, nei ricordi degli altri come quelli che non hanno capito.
In questo periodo più che mai credo che sul lavoro dovrebbe essere declinata la pertinenza, nel pieno del suo significato: le persone dovrebbero svolgere il lavoro per cui si sono preparate, appassionate. Dovrebbero svolgere un lavoro che sanno fare bene, e solo quello: le parrucchiere non dovrebbero sbagliare colore o piega, i meccanici non possono sbagliare i pistoni. I giornalisti devono usare l'obiettività, e se non la conoscono che la imparino o si diano al romanzo.
C'è fin troppa gente in giro che si accontenta di un lavoro qualunque mentre cerca il lavoro di una vita, e che nell'accontentarsi però si appoggia come stampelle a serietà e professionalità e va avanti dignitosamente.
Per contro c'è pure fin troppa gente che scivola su allori regalati, dalle capacità evanescenti che occupano spazi impropri, gonfiati come grigie bolle di sapone dall'insolenza e la tracotanza.
Dovremmo andare verso un'ecologia del lavoro, riflettere su un sistema sostenibile e più giusto, che non preveda sprechi e scorrettezze, che rimetta tutto al suo posto, che rifiuti meccanismi superflui.
Un sistema sostenibile, basato su scelte semplici, connessioni comprensibili: se sai fare le cose, bene: questo è il tuo posto; se non le sai fare, ma le vuoi imparare, bene: questa è la tua occasione; ma se non le sai fare e non le vuoi imparare, allora forse è più giusto che quel posto lo valorizzi - attenzione: valorizzi, non occupi - una persona più appassionata e competente, tutto qua.
Semplice e logico, come i fiori.

venerdì 27 maggio 2011

Ma è un problema a scadenza!?

Escono i dati ISTAT, ogni trimestre-quadrimestre, con il grande botto del bilancio annuale, tipo quello di qualche giorno fa. E cosa accade in Italia? Ooooooh! Stupore! Meraviglia! Toh guarda, i disoccupati aumentano! Ma va!? Chi l'avrebbe mai detto...!?
Seguono 3-4 giorni di polverone, ancora più polverone ad effetto se si è sotto elezioni come in questo periodo, e poi?
E poi cala il silenzio, non si cercano soluzioni, il problema svanisce come una nube di cenere vulcanica...
Il problema svanisce nelle stanze ben arredate di ricchi amministratori, svanisce nelle bollicine di chi brinda a champagne pure il semplice acquisto di un paio di scarpe, svanisce negli scatoloni di archivi di dati non più consultabili. Svanisce solo qui. Per il resto rimane ben attaccato sulle spalle e sul futuro delle persone.
La disoccupazione è proprio come la nube di cenere del vulcano dal nome impronunciabile, come ogni fenomeno nei nostri tempi, ha una dimensione virtuale ed una reale che non sempre coincidono.
In entrambi i casi, nel mondo virtuale della tv e, per certi aspetti, dell'informazione in genere, si fa fatica a parlarne perchè hanno un nome impronunciabile (ci sono persone, in Italia, per le quali è più facile dire pubblicamente "Eyjafjallajökull" piuttosto che "la disoccupazione aumenta"), i due fenomeni restano alla ribalta per pochi giorni, occupano pagine sempre più lontane dalla prima e poi, nel giro di una settimana al massimo, svaniscono.
Nel mondo reale, invece, il fenomeno arriva e sono in pochi ad accorgersene, a subirne la presenza.
Poi la nube di cenere e di disoccupazione aumenta, aumenta, aumenta... E copre ogni cosa, ogni attività, alcune arriva addirittura a bloccarle del tutto. E lascia persone a terra, impossibilitate a ripartire. Con la nube puoi affrontare un breve viaggio, prendere il treno, ma non puoi volare in alto.
Come la nube di cenere non impedisce, spesso, agli aerei privati di ricchi e potenti di decollare comunque, così la disoccupazione poco infierisce su chi vive in un'economia solida e in crescita.
Si, è proprio la stessa cosa: tiri a campare, a passare la giornata, speri la nube si diradi presto, si sposti altrove, svanisca... E mentre pensi, ripensi e speri, guardi chi vola alto mentre tu respiri cenere, le tue prospettive e il tuo sguardo vengono troncati subito, l'orizzonte non è più una linea ma un tratteggio sfumato, più effimero della sua stessa natura irreale.
Parliamone, parliamone sempre e ancora noi, perchè la nube si allontani, scompaia da sopra le nostre teste bisogna soffiare forte, e solo noi, da giù, ce la possiamo fare!

lunedì 7 febbraio 2011

Noi non siamo nelle statistiche

La settimana scorsa si è parlato tanto dei dati allarmanti sul tasso di disoccupazione giovanile in Italia e io ho pensato "bene, vediamo se queste statistiche parlano di casi come me!" e ho voluto approfondire...
Leggi e rileggo e scopro che no, le statistiche (queste) non parlano affatto di me!
E non perchè, grazie alla moltitudine di contratti atipici che colleziono da anni risulti occupata, ma semplicemente perchè, dall'alto dei miei 32 anni suonati, non rientro fra i giovani!
A parte il fatto che vorrei capire perchè per certe attività in Italia, vedi ricoprire ruoli dirigenziali, strategici, decisionali, soprattutto nel settore pubblico, a parte rarissime eccezioni si è sempre fin troppo giovani (ma su questo credo sia in vigore il segreto di stato), mi sono chiesta se esistono, e nel caso vi chiedo di segnalarmeli, studi, indagini, statistiche, ricerche che analizzino e quantifichino la situazione di quelli come me.
Quelli come me sono i trentenni, diciamo dai 27 ai 36 anni circa se non di più, magari con formazione di alto livello e qualità e con esperienze professionali varie, che saltellano da un lavoro all'altro alla ricerca - alla ricerca, badate bene, non "in attesa" - della grande occasione.
Non voglio innescare una guerra dei poveri, in un contesto complessivamente difficile come quello attuale non è semplice individuare chi sta peggio, però forse si dovrebbe parlare un po' anche di noi che, passata la moda delle discussioni da salotto e da piazza sulla "Generazione 1.000 euro", siamo caduti nel cono d'ombra della memoria corta di una società con troppi problemi.
Perchè se è vero che è un dato drammatico che un ragazzo su tre fra i 16 e i 25 in Italia non lavora, è anche vero che questi ragazzi hanno dalla loro parte ancora diverse carte da giocare: investire ancora e meglio sulla formazione, rivalutando la funzione della scuola e l'università e tentare i primi agganci al mondo del lavoro.
A 18 anni, se non ti va di studiare, puoi fare un corso di formazione tecnico-pratico, lavorare come praticante, fare volontariato europeo (retribuito e fa curriculum)...
A 35 no. A 35 tutto questo o lo hai già fatto o non è più il momento per farlo...
Disarmati dalla troppa formazione, dalla troppa esperienza (non ti accettano neanche come stagista per paura che, cercando di meglio, li molli da un giorno all'altro), dalla troppo eterna giovinezza.