Benvenuti!

13/104 è il numero magico, e ora? E ora è tutto da scoprire, sicuramente il meglio arriva da adesso in poi... Buona lettura!


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mercoledì 15 maggio 2013

Sei unico!

Mezzanotte passata, silenzio tutto intorno, lavoro da circa tre ore. Concentrazione altissima, pure le zanzare lo hanno capito e da circa due ore mi lasciano in pace.
Ho letto, scritto, cercato, trovato, imprecato, esultato. Adesso è decisamente ora di spegnere il computer, ci rivediamo domani, fra qualche ora.
Osservo il materiale di lavoro sul tavolo: fogli colorati, bianchi, libri, appunti, tutto dedicato ad un nuovo progetto, che porta con sè nuovi ambiti, nuove persone, nuovi argomenti.
La precarietà è un supplizio, soprattutto quando non voluta, ma la libertà di cambiare progetti, di passare da un campo ad un altro portandosi sempre dietro le proprie competenze è, per me, di una bellezza che nessun orizzonte di stabilità può pagare.
Imparo ogni giorno cose nuove, scopro nuovi modi e nuovi mondi, utilizzo più linguaggi, guardo con occhi arricchiti.
Sei pesante, sei stressante, sei impegnativo, cambi ogni giorno e mi cambi ogni giorno, ma sei il lavoro che voglio e questo, proprio come accade con le persone di cui ci innamoriamo, ti rende unico e mi fa fare nottate!

mercoledì 1 maggio 2013

Feste comandate

A Natale bisogna essere buoni, a Carnevale bisogna essere allegri e divertirsi, a Pasqua e pasquetta è bene essere ecologisti, a Ferragosto bisogna essere al mare e al Primomaggio bisogna essere ovvi.
Il primo di maggio, impudente festa del lavoro, per essere in tema con la festa, con il clima da Primomaggio, bisogna avere indipendentemente dall'età la magliettina a maniche corte, i jeans comodi e dire ovvietà. Il repertorio delle ovvietà da dire è ampio, quindi è difficile non essere a tema, non preoccupatevi: puoi dire che vanno celebrati tutti quelli che sono morti per lavoro e mestamente ci puoi mettere dentro anche carabinieri, poliziotti & co., ma mestamente, perchè rischi di andare fuori tema; puoi parlare abbondantemente e con ricchezza di dettagli e statistiche dei ricercatori universitari, che con i loro studi lavorano al futuro di un Paese che invece li ha dimenticati negli scantinati dei laboratori e della precarietà, ma non parlare troppo di quelli che fanno studi di biologia, altrimenti gli ambientalisti più estremisti si arrabbiano e spaccano il laboratorio (insomma sei a tema se a jeans e magliettina aggiungi il cane a spasso); puoi parlare in lungo e largo degli esodati, ma lascia stare direttori di banca con intoccabili tredicesima e quattordicesima, lascia stare.
Per essere proprio proprio da Primomaggio e se magari hai un ruolo di rilievo nelle politiche sociali del Paese, puoi anche fare un appello alle istituzioni perchè facciano qualcosa per arginare la disoccupazione giovanile, puoi per esempio organizzare un grande evento, riempirlo di luoghi comuni (festa nella festa!), puoi alternare arte e riflessione, puoi avere facce di circostanza, puoi chiedere agli artisti di fare loro l'appello, che così è più cool e a loro aumentano i follower su twitter, ma mi raccomando: non chiedere cosa faranno domani tutti i montatori del palco, i tecnici, gli elettricisti. Non chiedere quanto dovranno contrattare domani tutti i musicisti (star escluse) per avere una serata in un pub a 70 € a persona e in nero; non chiedere quanti dei ragazzi del pubblico hanno un lavoro.
Mi raccomando, non ci rovinare la festa.

domenica 10 febbraio 2013

La difesa

Di questo deve essersi trattato, necessariamente di una difesa. Una difesa del proprio posto di lavoro, perchè se il proprietario della ditta per cui lavora applaude e ride sul palco, e magari fra il pubblico che ride ci sono gli azionisti di maggioranza, non c'è proprio altra via d'uscita.
Di difesa deve essere stata la risata, difesa dall'imbarazzo.
Di difesa anche i tentativi di uscirne, di trovare parole adatte, di difesa del proprio essere donna, che se fosse stato un uomo al posto suo non sarebbe potuto succedere.
La verità è che puoi difendere il tuo lavoro da tutto, dalla crisi, dai raccomandati, dalle truffe, ma non puoi difenderlo da chi ne dovrebbe tutelare la dignità.

martedì 2 agosto 2011

Ma tu che lavoro fai? - Parte III

Il mio è un lavoro a progetto.
Una sola semplice frase dai molteplici significati, come spesso accade con la lingua italiana, che ti permette di dire tutto usando due parole o niente scrivendo pagine e pagine, di essere compreso fra metafore e figure retoriche e frainteso quando parli semplicemente, che ti permette di smentire ed affermare utilizzando sempre le stesse parole... Ah, la lingua dei mercanti e dei poeti!
Mercanti di lavoro e poeti nelle intenzioni, posso dirvi che "il mio è un lavoro a progetto".
Potrei voler dire, cioè, che saltello da un contratto a progetto ad un altro, vivo fra Co.Co.Pro., strane creature dell'universo lavorativo, veri e propri freak contrattuali: si ostinano a chiamarli contratti atipici, ma cosa è rimasto in Italia di più tipico di un Co.Co.Pro.? Un vero simbolo generazionale, fra i 25 e i 35 tutti ne abbiamo o ne abbiamo avuto almeno uno!
In questo caso, comunque, voglio dire che il mio lavoro è scrivere progetti, che non significa, come ho già detto, che faccio l'architetto nè ingegnere.
Scrivere progetti significa dare una forma fattibile alle idee, comporle parte per parte. Vuol dire avere una visione prospettica su una determinata situazione, su un oggetto, un tema, un territorio e proporla in maniera articolata e convincente. Vuol dire mettere in gioco il proprio entusiasmo e attirare quello degli altri.
Talvolta può capitare anche di gestire i progetti che ho scritto o che hanno scritto altri, ovviamente se sono stati finanziati.
Dalla progettazione alla realizzazione tutto cambia: improvvisamente entrano in gioco dinamiche che nulla hanno a che vedere con il progetto stesso, si devono cercare gli alleati e capire chi sono i detrattori, bisogna armarsi di pazienza per spiegare e rispiegare, aspettare, attendere e aspettare.
Ti trovi in riunioni con lanciatori di nebbie e raccoglitori di dubbi, con menti belle come altopiani alpini o chiuse come valli strette, con giovani che stentano a modernizzarsi e anziani che vogliono collaborare.
Quintessenza della precarietà, è vero, però non è anche bello cambiare ogni volta colleghi e referenti...?
...Soprattutto se oggi mi levate davanti velocemente queste specie di mulini a vento!

martedì 14 giugno 2011

Ma tu che lavoro fai? - Parte I

Le due certezze dell'anno: prima o poi il Natale arriva, prima o poi l'anno scolastico finisce.
E così, anche per quest'anno, è finita la scuola (in attesa del 25 dicembre per altre certezze)...
Che importanza ha? - vi chiederete - per te dovrebbe essere finita da un pezzo...
Facciamo un passo indietro.
Qualche mese fa, la rivista Walk On Job ha pubblicato un'inchiesta http://www.walkonjob.it/articoli/902-articoli/211-il-doppio-triplo-quadruplo-lavoro-larte-di-vivere-da-precari-multitasking sui tanti giovani che svolgono più di un lavoro, spinti dalla precarietà, dagli stipendi bassi, dal desiderio di essere autonomi e da tutti quegli altri motivi che noi precari conosciamo bene ma che coloro che dovrebbero conoscere meglio di noi (e risolvere) spesso ignorano.
L'articolo in questione descrive bene questi equilibristi del multilavoro, quella che si potrebbe definire "Generazione 1000 € = 300+400+300", anche detta "un lavoro non basta mai"...
Bene, io mi trovo lì, ben schierata nelle file numerose, assolutamente non coperte e in allineamento sparso dei giovani con tanti lavori!
Per questa ragione, quando mi domandano "tu che lavoro fai?", la risposta non è mai semplice, anzi, di un'articolazione tale che richiederà più post per essere esaustiva.
Cominciamo dal lavoro più normale, o regolare... Forse sarebbe più corretto dire, cominciamo dal lavoro più facilmente definibile con una parola (gli altri, vedrete, sono incarichi non spiegabili con meno di 35 parole): insegnante, anche detta prof.
Eh si, qualche giorno fa sono stata fra i tanti docenti che hanno esultato più dei loro alunni per la fine della scuola, che hanno lanciato in aria il registro per la gioia, che l'hanno scritto su facebook che la scuola era finita, hanno brindato col prosecco e hanno chiamato amici e parenti per condividere la felicità!
Si, si, vi posso garantire che ho fatto tutto ciò! Il che diventa ancora più esilarante se considerate che ho insegnato per sole 5 ore alla settimana...
In realtà l'anno scolastico non è ancora finito, domani consegneremo le pagelle alle famiglie, poi dovrò riportare il registro in segreteria e altre amene attività burocratiche, ma quel che conta è che sono finite le lezioni! Niente più ragazzini urlanti e bambini lamentosi, niente più colleghe sagge e stressate, anziane cariatidi lanciate contro le giovani supplenti, niente più!
Ma soprattutto: niente più genitori per i quali il proprio figlio è sempre e comunque il migliore della scuola, anche quando ti parla del muro di Dublino e delle famose mareggiate in Lombardia, per i quali la scuola deve formare delicatamente per cui non puoi mettere la nota sul registro "o il ragazzo si traumatizza", per i quali 9 è un brutto voto e tu non sei abbastanza preparata per giudicare il loro tesssoro! Niente più!
Il lavoro dell'insegnante è un lavoro nobile, di valore, ma purtroppo oggi i poveri docenti devono lottare contro mille fonti di delegittimazione che li rendono "pupi" all'occhio degli alunni, quegli stessi alunni che dovrebbero, invece, guardarli con curiosità e ammirato rispetto.
Certo, dal punto di vista umano non ha pari: guardi i ragazzi e vedi come saranno, come potrebbero diventare, come non saranno mai. Ti raccontano le loro storie, i viaggi, le speranze... Conosco, senza averle mai viste, famiglie, fidanzatine, camerette...Fra una supplenza e l'altra ho accumulato già qualche anno di insegnamento in diverse materie e in giro per parecchie scuole, e non c'è un paio di occhioni preadolescenziali che un prof. possa dimenticare...
Eppure non basta... Quando svolgi un lavoro che non ti piace, per il quale non ti senti adatto, è difficile trovare qualcosa di positivo, che ti renda leggeri gli obblighi e i sacrifici... Se a questo si aggiungono madre preside e padre insegnante, per cui sento parlare di scuola da quando sono nata... Beh, amici e colleghi, perdonatemi se non ne potevo proprio più!
W la scuola pubblica!

domenica 13 marzo 2011

Perchè di domenica non si lavora

Eh già, così dicono, di domenica non si lavora.
Però fuori piove, la tv è più bella spenta e io ho l'influenza. E lavoro. E medito. E arrivo alla conclusione che di domenica non lavora chi ha un lavoro, mentre lavora chi cerca lavoro.
Chiunque in questo momento è alla ricerca di un'occupazione, perchè non ce l'ha o perchè vorrebbe cambiare la propria attuale (affaticato da precarietà, ripetitività o colleghi inopportuni), può confermare che cercare un lavoro è un'attività impegnativa, che richiede attenzione, precisione e tempo.
Io ho il mio kit da cerca-lavoro: tuta comoda, merendina o biscotti + succo di frutta o spremuta (è o non è un'attività impegnativa? E allora devo aiutarmi!), blocco appunti e occhiali a lente spessa, molto spessa...
Più, ovviamente, tanta pazienza e attenzione!

L'immagine fa sorridere, spero, anche se è lo specchietto buffo di una realtà seria, quella di tante persone che non si fermano mai, che non si accontentano di lavoricchiare o sopravvivere con un lavoro poco gradito, ma cercano sempre di meglio... E proprio perchè, alla fine, lavorano tantissimo, a lavorare per sè stessi non resta che la domenica.
Di domenica, quindi, lavoro e faccio i conti: 12 curriculum, che era la più rosea previsione del sondaggio, non sono bastati... e pazienza! Fra 12 ore dovrò essere già di nuovo in movimento per lavoro... e pazienza!
12... o forse qualcuno in più...? No, questo non lo so, i biscotti non vanno conteggiati!