Oggi ho rivendicato ed esercitato un diritto, il diritto di indignarmi davanti all'ignoranza, alla mancanza di merito, all'insolenza.
Dicono che i soggetti più pericolosi con i quali avere a che fare siano gli stupidi. Loro rappresentano sì una gran perdita di tempo e, talvolta, di occasioni, ma uno stupido buono, un sempliciotto, si lascia indirizzare ed è capace di darti tanto, che poi magari è poco secondo certi parametri, ma diventa tanto in relazione con il suo modo d'essere e le sue capacità.
Non è dunque alla stupidità, che mi sono indignata.
Poi è arrivato un certo modo meschino, di confondere i presenti per coprire le proprie mancanze. Questo modo di fare, di ingarbugliare le discussioni, di mimetizzarsi senza la bellezza del camaleonte e privo di un'astuzia intelligente, purtroppo, è sempre più diffuso in qualunque ambito delle nostre vite, delle nostre giornate: vedi amanti che non hanno il coraggio di lasciarsi con schiettezza e inventano scuse qualsiasi, vedi negozianti che ti dicono che ti sta benissimo quel vestito che ti fa sembrare informe, vedi consulenti che tirano per le lunghe favoleggiando su difficoltà che solo loro possono risolvere, e allora contestualizzi la meschinità.
Alla meschinità ho cominciato ad indignarmi, ma in maniera contenuta.
C'è stato poi un delirio di parole vuote, di pressapochismo, di difese indifendibili, di unghie che si aggrappano allo specchio e di specchi che non hanno nulla da riflettere. C'è stata la tracotanza, al giorno d'oggi poco citata ma molto praticata, ci sono state accuse false contro assenti che non avevano parole; c'è stato un innalzamento di toni e una presa di confidenza che nessuno aveva mai dato, c'è stata cattiveria, quella cattiveria figlia della piccolezza, la cattiveria più infima.
Tutte insieme sono arrivate, con la cattiveria, anche l'ignoranza, che subito ha tolto il velo alla mancanza di merito, e l'insolenza, che voleva rimettere a posto quel velo ma aveva mano troppo poco delicata per riuscirci.
Alla cattiveria, all'ignoranza e all'insolenza non ho resistito.
Non ho resistito e mentre argomentavo, rispondevo, illustravo con dati certi e verificabili, ho preso coscienza che stavo parlando con la mancanza di merito, quella che fa dire qualunque stupidaggine, qualunque meschinità, qualunque cattiveria come se nulla fosse, perchè tanto non ci si è mai preoccupati di riflettere, pensare, valutare.
E alla mancanza di merito sono esplosa.
Ho alzato la voce, mi sono alterata, ho usato parole pesanti, ho sbagliato, ma la mancanza di merito, e la sua legittimazione, no, non ho più la pazienza di accettarle.
Credo non sia servito a niente, se non ad illudermi di aver dato un contributo ai diritti dei giovani lavoratori che provano a mettersi in gioco, a rischiare, che investono nella propria formazione e rispettano il proprio lavoro e quello altrui, che magari leggendo questo post troveranno il coraggio o la leggerezza necessari per pretendere rispetto e competenza dalle persone con cui lavorano.
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