Qualche giorno fa ho partecipato ad una riunione all'università, nel dipartimento in cui ho studiato per la laurea e il dottorato. Un legame affettivo fortissimo mi lega alla professoressa e ai colleghi del gruppo di ricerca, tanto che ancora adesso sento di farne parte e continuo a collaborare, per quanto possibile nella distanza fra Milano e Messina, alle loro attività, sulle quali mi aggiornano e coinvolgono costantemente, consapevoli di un senso di appartenenza che il loro stesso atteggiamento aiuta ad alimentare.
Ero a Messina per altre questioni di lavoro e sono passata per partecipare alla consueta riunione del mercoledì e ho trovato, come sempre, un gruppo di persone che parlano e dibattono di Cultura; della Cultura vera, quella senza doppi fini, quella che ogni tanto dimentica le necessarie implicazioni economiche e si libera in approfondimenti pieni di contenuti e di domande, quella che vive della curiosità e del dubbio, senza mai divenire però il vuoto di certe speculazioni fine a sè stesse, distaccate dalla realtà, mere teorie senza risvolti pratici.
Le obiezioni contro gli accademici sono mille, e già aspetto i commenti arrivare uno ad uno a dire che si tratta di persone che guadagnano troppo e lavorano poco, che si occupano di cose inutili, che questi soldi potrebbero essere usati meglio... Obiezioni legittime, ma - permettetemi - superficiali.
Ascoltavo i miei colleghi parlare e confrontarsi su argomenti apparentemente obsoleti e mi sono sentita orgogliosa di essere, e soprattutto di essere stata, una di loro, di quelle persone che mentre la crisi affligge tutti, i teatri chiudono, le sale cinematografiche spariscono, le librerie si trasformano in negozi di abbigliamento per bambini viziati e già nel giro dei consumi inutili, continuano a credere nella Cultura, continuano a tenerla come ragione di vita, di crescita, di libertà.
Una situazione come quella riunione, piena di entusiasmo e consapevolezza, credo sia qualcosa che ha a che vedere con la storiella della luna e del dito, perchè magari a studiare i classici non si impara ad andare sulla luna, ma si trasmette ad ogni uomo l'importanza di inseguire il desiderio di andarci, perchè nessun sogno è mai abbastanza folle da non essere creduto.
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