Benvenuti!

13/104 è il numero magico, e ora? E ora è tutto da scoprire, sicuramente il meglio arriva da adesso in poi... Buona lettura!


lunedì 31 dicembre 2012

Rita e le altre

Ieri è morta la più grande scienziata italiana, Rita Levi Montalcini, e da ventiquattro ore, giustamente, sul web e sui giornali non si legge altro che di lei, della sua storia, del coraggio dimostrato, dell'intelletto fine ai limiti del comprensibile, della forza e della coerenza.
E' una fine d'anno speciale questa di un 2012 che ci ha visto divisi su tutto e ora vede un Paese unirsi nel nome di una donna.
Qualsiasi mia parola si vada ad aggiungere a questo coro commosso e rispettoso sarebbe quindi solo inutile retorica. Rifletto perciò non su di lei, ma appunto sul coro di voci che ricordano, citano, condividono, twittano.
A colpirmi soprattutto è la ricorrenza frequentissima con cui, nelle dichiarazioni di uomini politici, amministratori, scienziati, esponenti del mondo culturale ed economico italiano, Rita Levi Montalcini viene elevata ad esempio per le nuove generazioni e per la popolazione tutta.
Certi uomini da due giorni parlano di esempio come se rivelassero l'arcano, come se in qualche modo finalmente capissero.
Per molte donne invece non è assolutamente la scoperta del giorno, lei è da sempre un esempio per chi ha deciso di dedicarsi alla ricerca magari emigrando all'estero o, in Italia stesso, spostandosi in un'altra città, per quelle che hanno sacrificato la loro vita personale per un lavoro impegnativo e appassionante, qualunque esso sia, per quelle che hanno studiato ore e ore per un concorso e poi si sono viste superare dal rampollo di turno.
E così, Rita è morta e se avessimo rispetto per il suo credo penseremmo che per lei è proprio finita, niente altra vita, niente preghiere, niente celebrazioni. Ma... Le altre?
Spero che questi uomini e donne di potere, qualunque sia il loro potere decisionale, si ricordino ogni giorno di queste loro parole e nel momento in cui potranno dare spazio e opportunità lavorative scelgano di dare reale contenuto a queste dichiarazioni e di fidarsi delle donne, quelle pensanti ovviamente.

sabato 29 dicembre 2012

E voi chi siete?

Mi piace controllare spesso le statistiche di blogger per cercare di capire chi sono i lettori, quali sono i post preferiti, a che ora leggono il blog, da quale sito ci arrivano. Il dato che preferisco seguire è la provenienza geografica di chi legge "104curriculum"; la maggior parte di voi si connette dall'Italia, ma ogni giorno vengo sorpresa da nuove provenienze: ogni tanto appaiono isolati e sparuti lettori da posti lontani come Mauritaria, Cile, Nigeria, Dubai, Giappone, Indonesia; sono tantissimi quelli che si collegano dall'Europa (Germania e Inghilterra soprattutto), dagli Stati Uniti e, ultimamente, dalla Russia.
So che in molti casi potrebbe trattarsi di semplici rimbalzi di server e magari a leggermi assiduamente sono i vicini del palazzo di fronte, però mi piace anche pensare che davvero molti di voi siano dall'altra parte del mondo a vivere la propria vita diversissima dalla mia e fermarsi ogni tanto a leggere le avventure comiche e le riflessioni di una precaria qualunque. Mi piacerebbe conoscere qualcosa di vuoi, sapere chi siete, qual è il vostro lavoro, i vostri sogni, la vostra famiglia, le novità che vi aspettate e la noia dalla quale vorreste fuggire. Scrivete un commento qui, raccontando la vostra storia per costruire un ideale libro dei lettori di 104curriculum!
Vi aspetto!

domenica 23 dicembre 2012

Collaborazione, cooptazione (o schiavismo, dipende dai punti di vista)!


"With a little help from my friends" canta gloriosamente il buon Joe e questo è un po' il mio motto di vita: con un piccolo aiuto dei miei amici, riesco a fare mille cose che altrimenti non riuscirei a fare...
Il primo a salvarmi è Marcello, che borbotta sempre per il mio continuo vivere fra disordine e ritardo, ma poi mi accompagna di corsa agli appuntamenti, cucina mentre io lotto con la stampante e alza gli occhi al cielo piuttosto che rimproverarmi!
Poi ci sono le amiche e le colleghe: le chiamo, anche ad orari improbabili, e mi inviano quel file prezioso, rileggono i miei documenti, mi danno un consiglio, così mi sento molto più sicura e tranquilla!
In questa rete di aiuti pratici rientrano anche mia mamma e mia sorella, che dall'altra parte dell'Italia, quando sono sotto scadenza, si ritrovano a modificare e correggere testi improbabili!
Mi piace pensare di essere anch'io di aiuto per tutti loro in qualche modo, magari con un suggerimento, un po' del mio tempo, un abbraccio al momento giusto...
Credo con convinzione che il lavoro di ognuno di noi non sia solo quelle capacità e competenze che cerchiamo di descrivere al meglio nel cv, nè soltanto quella rete di rapporti professionali magari piene di nomi altisonanti che dovrebbero aprire chissà quale porta mentre spesso somigliano più a degli spioncini...
Il lavoro di ognuno di noi è anche quell'insieme di forze sulle quali sai di poter contare anche nei periodi più faticosi e strani; il nostro mondo lavorativo è fatto anche e soprattutto di quei passaggi in cui ti ritrovi accanto persone stupende che fanno per te quello che tu non sapresti o non potresti arrivare a fare e lo fanno con una lievità e una disponibilità autentica davanti alle quali non puoi dire più che "grazie".
Ad ispirarmi queste riflessioni è stata anche una mia amica che è modello "Wonderwoman al contrario" (una super eroina mascherata da Normale Ragazza Italiana): arriva a fare mille cose al giorno, la sua borsa è piena di idee entusiasmanti e giocattoli dei figli, piena di rigore morale e fantasia e ha l'entusiasmo di chi riesce a coinvolgerti nel suo lavoro popolato da affreschi, mosaici e dinosauri contemporaneamente!
Da un po' di tempo, ha coinvolto sua sorella nel proprio lavoro, commissionandole fantastiche torte per festeggiare ricorrenze ed eventi professionali (belle e buone, le trovate su http://latortadeisogni.blogspot.it/2012/11/buon-compleanno-adm-ovvero-prima-o-poi.html, partendo proprio dalla torta "di lavoro").
Certo, conoscendo il piglio da simpatico sergente della mia amica e ripensando spesso al tono delle mie richieste di aiuto - che talvolta risulta stranamente minaccioso - mi viene il dubbio: sarà stata richiesta di collaborazione, cooptazione verso la buona causa o vero e proprio schiavismo...!?
Poco importa, basta formalità!
L'importante è ricordarsi che sì l'unione fa la forza, ma l'unione di diverse capacità fa la vittoria!
Grazie di cuore a tutti!

lunedì 17 dicembre 2012

Aggratisse! - Senza

Secondo voi si può vivere serenamente senza orari, senza disponibilità economica, senza alcuni oggetti funzionali, senza un posto dove stare, senza i documenti richiesti?
Probabilmente per gli apolidi si, è possibile; e magari lo è anche per le carovane romantiche dei nomadi.
Per il resto, è più difficile... Per questo motivo chiediamo e richiediamo a gran voce che il lavoro abbia un contratto ed un compenso.
E se nicchiano, citano difficoltà insormontabili riconducibili al livello del cane che ha mangiato i compiti o del nonno morto per la ventesima volta, se pretendono pazienza e comprensione, giriamo loro la domanda:
come fareste voi senza documenti e senza soldi?


domenica 9 dicembre 2012

Sinceramente

Sinceramente, non ne posso più di leggere sui giornali gli aggiornamenti e le dichiarazioni del caso sul processo in cui sono coinvolte le cosiddette "Olgettine"! Anzi, sinceramente mi sono proprio rotta di sentirne e sentirle ancora parlare (o blaterare, o biascicare, o cinguettare, o sproloquiare)... Ecco, l'ho detto!
Per settimane, mesi, anni (!) mi sono forzata a non farvi riferimento, a non citarle neanche una volta, a non dare loro un minimo spazio qui, un blog pulito e serio, ma adesso basta, non ne posso più e lo voglio gridare al web!
Questo mio post è un appello, quasi un'accorata preghiera ai giornalisti: non parlatene più!
Capisco che l'appeal di certe notizie è alto, fanno vendere copie su copie, se ci aggiungi anche foto - spesso ammiccanti e decontestualizzate - le puoi passare sui rotocalchi di più basso livello, le retweettano e condividono tutti e questo già di per sè costituisce motivo valido alla pubblicazione, ma fermatevi un attimo e pensate a noi.
Noi siamo le Normali Ragazze Italiane. Siamo coetanee o poco più grandi delle allegre comari, ma con metà, un quarto, un decimo dei loro armadi e cento, mille volte i loro pensieri e problemi.
Noi siamo quelle che ci alziamo la mattina presto e magari prima di andare a lavoro sistemiamo casa e ci prepariamo il pranzo per l'ufficio per non spendere troppo in giro, siamo quelle che i ristoranti di lusso che loro frequentano non sappiamo neanche dove sono (e non vogliamo neanche saperlo, sinceramente). Siamo senza tredicesima e quattordicesima, ma con mutuo e spese uguali agli altri; siamo lavoratrici normalizzate precarie, siamo quelle che i sogni non li tengono nei cassetti, ma si impegnano ogni giorno e lavorano fino a notte fonda per realizzarli senza aiutini e agevolazioni.
Siamo quelle che in palestra ci vanno con lo sconto, dal parrucchiere quando si può e inseguiamo le offerte del supermercato.
Siamo quelle che le tasse per l'università le hanno pagate, quelle che hanno aperto un'attività con le proprie forze, che hanno tutti i timbri su visti e permessi.
Siamo quelle che incontrate nei cinema e nei teatri, nelle librerie e alle mostre, perchè se c'è un bene di qualità per cui val la pena spendere per noi è la cultura in tutte le sue forme.
Siamo quelle che incontrate per strada, quelle che sorridono per una bella giornata di sole, perchè sono riuscite a ritagliarsi finalmente un'ora tutta per sè, siamo quelle che reggono una famiglia, una rete, un gruppo, un'azienda.
Siamo anche quelle di noi che a tutto questo aggiungono tempo, pazienza e impegno per i figli.
Siamo quelle così indaffarate che ad esempio questo post ce l'ho in testa e nel cuore da giorni, ma ho avuto solo oggi il tempo di scriverlo.
In altre parole, siamo quelle più offese da questa vicenda, siamo le più offese da certe dichiarazioni, siamo le più offese da quei 2.500 € al mese, siamo le più offese dal "cosa c'è di male se" e tutte le sue declinazioni.
Siamo offese da tornare a casa la sera stanche, soddisfatte, confuse, impegnate, perplesse, energiche, speranzose o disfatte e doverci trovare davanti - nei tg o nei giornali che finalmente solo di sera riusciamo a leggere - quelle facce rilassate, truccate, pettinate, distese e splendenti di gioielli spesso falsi come i loro sorrisi. E non ha veramente più alcuna importanza se siamo di destra o di sinistra, se viviamo a nord o a sud, in un piccolo centro o una grande città. Non è l'aria del continente nè il respiro soffocato della provincia, siamo semplicemente offese a qualsiasi latitudine e altitudine.
Voi, cari giornalisti, è giusto che facciate il vostro dovere di informazione al Paese, ma ormai i termini e le sfumature della vicenda sono chiari a tutti, anche a chi non li vuole ammettere o vedere, per cui, per favore, avvisateci direttamente sull'epilogo e risparmiateci fastidiosi e offensivi particolari. Togliete le luci della ribalta da questa gentaglia e riportatele sulla notizia.
Grazie.
Angela e tutte le NRI.

giovedì 29 novembre 2012

Educare alla cultura

Troppo spesso ormai chi lavora in ambito culturale dimentica un dettaglio fondamentale: qualunque sia il suo ruolo, la sua provenienza, la sua missione, dovrebbe pensare che lavora a servizio di qualcuno, lavora a beneficio di un'esperienza culturale che 1, 100 o 1.000 persone hanno diritto a vivere nel migliore dei modi, anche se si trattasse di un servizio gratuito.
L'idea di servizio, in certi ambiti, in realtà non ci appartiene: ne sono l'esempio palese certe aziende dei trasporti che quando i loro mezzi sono in ritardo, piuttosto che scusarsi per i disagi, cercano ogni escamotage per risparmiare sui rimborsi o addirittura sul semplice buono-pasto che scatta superato un certo numero di ore di ritardo.
Nei lavori della cultura, però, l'assenza di spirito di servizio al partecipante, che sia una mostra, un concerto, o anche solo l'acquisto di un libro, in certi casi è davvero lampante.
Una mia amica ad esempio è stata protagonista di un episodio per me pazzesco: biglietti omaggio per una famosa mostra in corso a Milano, nonostante questo ore di fila; bambini curiosi di vedere i quadri di un famoso pittore, ore di fila; gruppetto partito appositamente da Biella per dedicare una domenica alla cultura, ore di fila; programmi saltati, per colpa di queste ore di fila, impossibilità di accedere, per ore di fila... E potrei continuare.
Cosa ha fatto, secondo voi, la gloriosa istituzione? Ha rigirato l'omaggio su un'altra data? Ha offerto un intrattenimento adatto ai bambini per non farli stancare? Si è scusata? No!
La gloriosa istituzione si è lasciata rappresentare dalla guardia giurata in turno che ha approfittato della divisa indossata per trattare male e deridere pubblicamente i bambini che avevano osato chiedere quanto ancora sarebbe durata la fila! Per fortuna non c'è neanche bisogno di dire con chi hanno immediatamente solidarizzato gli altri presenti in fila, in particolar modo gli stranieri...
E' un episodio terribile, che racchiude tutto quello che non dovrebbe trovarsi nelle attività di un ente culturale: ha la maleducazione, la tracotanza, la mancanza di rispetto; ha l'assenza di riguardo verso bambini, adulti, italiani, stranieri. Ha una visione miope del pubblico come cliente al quale chiedere fino all'ultimo centesimo e non offrire altro che emozioni standardizzate. Ha l'incapacità di reinventarsi un problema (lunghe file all'accesso) trasformandolo in opportunità (area giochi? servizi didattici? servizi di ristoro? biblioteca temporanea?), ma soprattutto ha la vanesia e la superbia di chi vuole vedere solo i titoli sui giornali inneggiare alle lunghe code di attesa, come se l'emozione che ti da la partecipazione ad un'attività culturale si potesse misurare nei metri della fila alla porta o nella noiosità dei tempi di attesa.
Ci sono soggetti, enti, gruppi, che si specchiano nelle facce dei loro interlocutori, interpretandone bisogni e istanze, anticipandone i desideri, ricevendo la loro attenzione in cambio della quale regalano loro il proprio riguardo.
Altri soggetti, invece, sono appena stupidamente capaci di specchiarsi solo in sè stessi.

giovedì 15 novembre 2012

Tutta sua nonna

Oggi ho ricevuto una telefonata che mi ha ricordato un episodio accaduto più di un anno fa che mi sono sempre ripromessa di raccontare qui sul blog ma che è stato sempre scartato perchè non sono mai riuscita a trovare le parole adatte... Forse non ci sono riuscita neanche questa volta, ma ci provo...
Avevo da poco iniziato un nuovo lavoro, quindi nuovi colleghi, un nuovo ufficio (all'interno di una bellissima e frequentatissima biblioteca) e, ovviamente, tutta la voglia immaginabile di dare un'ottima impressione, da professionista seria.
Una mattina mi telefonano dal banco prestiti all'ingresso e mi dicono che ci sono alcuni miei amici, passati a salutarmi. Mentre scendo le scale mi domando chi potrebbero essere questi amici, in un orario da lavoro... Giro l'angolo e mi trovo a 4-5 metri quattro persone, età media 70 anni.
Uno di loro, che giuro non avevo mai visto, urla in dialetto siciliano, che traduco per tutti: "sei precisa a tua nonna, Angelina "la lanternara"! (Angelina, nonna paterna, era detta "la lanternara" perchè durante la guerra, marito al fronte e quattro figli, aveva una bottega in cui vendeva di tutto, lanterne incluse, ndr.).
La biblioteca in quel momento era strapiena di giovani studenti, mamme nella sala infanzia, anziani dell'emeroteca, bibliotecari, fattorini: tutti, si sono girati tutti. Prima a guardare lui e poi verso di me, che velocemente cambiavo colore neanche avessi corso i 100 metri. Pure le copertine dei libri si sono girate a guardarmi! Pure loro cercavano di immaginare la somiglianza.
Un momento di imbarazzo lungo, infinito, ma evidentemente non abbastanza, ancora poteva durare!
E infatti la donna accanto a lui, anche lei mai vista, sbotta: "ma che dici, ma non lo vedi che è precisa a Laura??? Tutta sua madre è!" (Laura, mia mamma, quindi nessuna immaginabile somiglianza con la nonna paterna di cui sopra, ndr.). Di nuovo i presenti, libri inclusi, si girano dal loro lato e poi verso di me, che non riesco a fare altro che abbozzare un sorrisino e bisbigliare "ma che ne dite di prendere un caffè fuori?".
La scena, come potete immaginare, aveva un sapore vagamente ondeggiante fra il folkloristico e il comico, con tutti i presenti che mi guardavano ridacchiando incuriositi.
Prendo gli amici sotto braccio e piano piano li guido verso il bar, togliendomi dal contesto più imbarazzante che mi fosse capitato a lavoro!
Mi presento, ma non è necessario, loro mi conoscevano benissimo! Erano dei compaesani amici - forse anche parenti - di mio papà emigrati al nord che mi hanno vista crescere (...?) da estate a estate.
Alla fine erano pure simpatici, ci siamo aggiornati fino al settimo grado di parentela e ci siamo ripromessi di vederci presto ("si, ma altrove", mi verrebbe da dire)...
L'indomani mi sento osservata e vedo sorrisini ironici... Una sola non riesce a trattenersi, la bibliotecaria del banco prestiti: mi guarda e... "Ma che lavoro faceva sua nonna...?"!

sabato 10 novembre 2012

Ritorno al futuro

Qualche giorno fa mi sono ritrovata nel mezzo di un "career day", uno di quegli eventi organizzati dalle università che prevedono incontri fra alunni in cerca di sedi per stage e aziende in cerca di stagisti (e spesso la ricerca dei primi legittima le seconde a non pagarli, con la scusa che "è per la vostra formazione", ma per ora soprassediamo su questo aspetto).
Ero lì per raccogliere un po' di nominativi e cv interessanti in vista di possibili nuovi progetti per conto di un'azienda con cui collaboro. Insieme ad un collega, siamo partiti pensando che avremmo fatto giri per gli stand, ci saremmo potuti presentare a grandi aziende, sviluppare contatti, dal momento che la nostra società è piccola e opera nel settore culturale che purtroppo non è economicamente così interessante come potrebbe, per cui, credevamo, di scarso interesse per gli studenti.
Illusi... Appena hanno aperto l'accesso agli studenti c'è stato l'assalto al nostro stand! Decine di ragazzi a fare la coda per lasciare il loro curriculum e giocarsi non so bene cosa in colloqui che più trascorrevano le ore, più si abbreviavano per lasciare spazio a tutti.
E così ho potuto osservare direttamente questi ragazzi mettere su carta il loro passato, il loro presente e, soprattutto, il loro futuro. Facce pulite e spaesate, furbetti da "un giorno in meno in aula", scaltri da "armiamoci e partite", intelligenti da "ecco le mie capacità e il mio impegno, eccomi qui".
Quello che mi ha colpito di più è un elemento che accomunava molti di loro: sia i più preparati che i più avventurieri non avevano minimamente idea di quali siano le figure professionali principali del nostro settore, quali i ruoli, i compiti, le attività. Ferratissimi dal punto di vista teorico, assolutamente bianchi sui risvolti pratici della professione.
E' vero che molte cose le si impara lavorando e che proprio l'esperienza ti fa capire verso quale settore vorresti indirizzare la tua attività, però sento parlare da quando ero studente di avvicinamento fra università e mondo del lavoro e se i risultati dopo 15 anni sono questi, c'è davvero da riflettere!
Chiariamo: io non sono per una formazione tecnica che abbia il sopravvento sui contenuti scientifici e culturali, credo anzi che l'università debba proprio cercare di ampliare e approfondire il più possibile il bagaglio di conoscenze con le quali ciascuno di noi vi arriva.
In questo bagaglio, però, dovrebbe ricordarsi di inserire anche informazioni concrete e prospettive il più possibile realistiche su quello che è o, meglio ancora, sarà il mondo del lavoro.
Questo non significa solo favoleggiare sui più grandi che ce l'hanno fatta, chè va bene che favoleggiare fa nascere sogni, ma spesso fa anche crescere illusioni. Significa anche spiegare ai ragazzi che stanno studiando per diventare A, B e C, ma potrebbe loro capitare per più o meno tempo di essere D o appassionarsi ad E, o virare su tutt'altra Z qualsiasi.
Non è ammissibile che dopo anni di tasse, ore in aula, giornate di studio, i ragazzi debbano poi entrare nel mondo del lavoro così inconsapevoli sui propri diritti, doveri, sulle loro stesse aspettative e su quanto gli altri attendono da loro.
Basterebbe davvero poco: uffici di orientamento e accompagnamento efficienti, coordinamento stage e tirocini che lavorassero non per affibbiare agli studenti un posto dove passare un paio di mesi, ma pensassero a fornire loro un reale contesto di crescita. Non voglio generalizzare, in molte università tutto questo c'è e funziona bene, ma sono sicura che si può sempre migliorare.
Basterebbe poco, che l'Italia invertisse la rotta e reintroducesse la parola "Futuro" nel dizionario del quotidiano e anche le università si adeguerebbero al cambiamento.

sabato 3 novembre 2012

Riorganizzazione

Tante piccole cose stanno cambiando in questi giorni nel mio lavoro semplicemente perchè ho iniziato a ripensarmi un po'.
Anzitutto ho cambiato postazione: prima era in cucina, calda e accogliente, ma con vista sui palazzi di fronte, ora è in una stanza uso studio, uso stireria, uso palestra, uso deposito, termosifone sotto ai piedi e bellissima vista su un gran giardino mille colori.
Ho cambiato il modo di presentarmi, rivedendo l'immagine degli strumenti di lavoro: ho ideato una linea grafica per carta intestata, portfolio, curriculum, che mi ha dato grande soddisfazioni! La grafica è semplicissima in realtà, qualunque web design la guarderebbe con tenerezza e ironia, ma siccome sono riuscita a far corrispondere aspetto grafico con una riflessione sui contenuti, allora sono contenta e soddisfatta.
Anche la composizione del portfolio è stata complessa, avendo un curriculum tutt'altro che choosy ho riflettuto giorni per valutare se inserire i progetti per settore, per tipologia di attività, cronologia, dimensioni... Togliendo colori, aggiungendo esperienze, modificando forme e parole, alla fine è venuto fuori un portfolio dignitoso... Che fatica!
Ho riorganizzato la documentazione, sia cartacea che in file: ora i ripiani della libreria hanno un loro perchè e nel computer è più facile trovare quello che cerco.
Con uno scampolo di nappa arancio ho realizzato un tappetino per il mouse, con altri ci farò un tappeto per la stanza.
Devo solo aggiornare il profilo sui social network professionali e il lavoro è quasi concluso.

Il lavoro di riorganizzare il proprio lavoro è complesso ma piacevole.
Arrivi ad un punto in cui diventa necessario: devi fermarti un paio di giorni e rivedere tutto l'insieme, altrimenti hai la sensazione che qualcosa ti stia sfuggendo di mano. E magari riemergono idee e riflessioni che sedimentano da mesi, crescendo dentro fino a trovare sfogo tutte insieme: idee di nuovi progetti, nuovi tentativi, nuovi percorsi.
Fermarsi a riflettere, provando a guardarsi con obiettività, è fondamentale per proseguire nel modo migliore. Ho capito, per esempio, che in certi periodi ci si appoggia su finte certezze e si fanno diventare alibi o problemi insuperabili quisquilie alle quali solitamente non si da alcun peso.
Ho capito, ma ri-capito sarebbe più adatto, che in contesti dalle dinamiche poco chiare, troppo impegno non sempre è premiato, per cui forse è meglio indirizzarlo altrove.
Visto da fuori, sembra che stia semplicemente facendo ordine, in realtà mi sembra di aiutarmi a ripartire meglio... Consapevolezze che fanno stare bene in un sabato pomeriggio con un buon caffè.


mercoledì 31 ottobre 2012

Nuovi punti di vista


Una nuova postazione, un nuovo giro di giostra, nuove idee...
Il giardino cambia di giorno in giorno, in questa stagione da il meglio di sè.
Computer, libri, quaderni, penne. Caffè, acqua, piante grasse e un tappetino del mouse fatto da me.
Dalla stanza accanto arriva musica... Intorno a me ho tutto ciò che mi serve.
Sono una ragazza fortunata.

lunedì 29 ottobre 2012

Miss Italia

Ieri ho partecipato al concorso per Miss Italia, e ci tengo a precisare che, pur essendo la più anziana, non ero la più brutta!
Ovviamente non era un concorso di bellezza, ma ci siamo andati vicino.
Un'associazione bandiva una selezione per figure professionali simili alla mia, cercavano esperti di comunicazione in beni culturali, promotori, organizzatori eventi, responsabili di attività didattiche, curatori e altro simile (l'altro simile potete aggiungerlo voi: qualunque figura in ambito culturale vi venga in mente ma non sapreste definire con meno di dodici parole va bene).
Con un'amica decidiamo di andare a vedere di che si tratta e partecipiamo entrambe alla selezione.
Inizialmente più che una selezione sembrava una corsa ad ostacoli: non potevi essere ammesso alla selezione se non eri presente all'evento del giorno prima (e poi stai giornate intere a sbattere la testa su come garantirti una sala piena ai convegni: basta legare la conferenza ad un concorso di lavoro e si fiondano in mille!); non potevi partecipare se non lasciavi il curriculum corredato di lettera motivazionale, nel senso che la lettera era obbligatoria (e la mia era di una comicità sopra le righe che confido nel senso dell'umorismo di chi la leggerà); si poteva inoltre portare un portfolio non meglio specificato. Anzi, così poco specificato, che gli si attribuivano, in valutazione, fino a 50 punti su 100, ma si poteva anche non portare. Da ultimo, 70 punti su 100 erano attribuiti in base all'esperienza, ma si cercavano persone alle prime armi...
Più confuse che persuase, la mia amica e io, dopo un paio d'ore per realizzare i nostri portfolio (il suo è bellissimo, il mio rimette in discussione le più basilari regole della grafica) ci lanciamo nell'avventura.
Primo giorno, convegno con interventi sul tema della promozione e management culturale: argomenti triti e ritriti, ma tutto sommato sempre interessante.
Secondo giorno, la fatidica selezione. Siamo tanti, tantissimi. Una massa inattesa per gli organizzatori che, invece di dividerci in gruppi per colloqui brevi ma sensati, invece di rimandarci ad un colloquio dopo la scrematura dei curriculum, invece di fare notte pur di ascoltarci tutti, con un guizzo di genio, un lampo da strateghi cosa decidono? Di farci presentare dicendo nome, cognome, età e ruolo per cui ci si candida, insomma, la presentazione delle miss ad inizio manifestazione!
Uno alla volta sfiliamo verso il microfono, avviando la processione con tutti i cliché del caso: i più furbetti preso in mano il microfono non lo mollano più e raccontano di tutto: studi, esperienze, formazione, capacità, raccontando di lavori così belli e invidiati che tutti ci siamo domandati "e allora che ci fai qua?"; le più carine si presentano con sguardo languido e rivolgendosi solo agli uomini della commissione valutatrice, i timidi balbettano, gli artistoidi parlano in maniera difficile, i pratici e i disillusi come me e la mia amica dicono esattamente solo quello che viene richiesto e tornano al posto.
Ora io non lo so se in quei 72 secondi sono riuscita a catturare l'attenzione, a rendermi interessante agli occhi della commissione, però... Non lo dico per giustificarmi, ma se mi avessero avvertito per tempo, da brava miss avrei detto che sono per la pace nel mondo e avrei sicuramente attirato consensi!

lunedì 8 ottobre 2012

I miei diritti

Oggi ho rivendicato ed esercitato un diritto, il diritto di indignarmi davanti all'ignoranza, alla mancanza di merito, all'insolenza.
Dicono che i soggetti più pericolosi con i quali avere a che fare siano gli stupidi. Loro rappresentano sì una gran perdita di tempo e, talvolta, di occasioni, ma uno stupido buono, un sempliciotto, si lascia indirizzare ed è capace di darti tanto, che poi magari è poco secondo certi parametri, ma diventa tanto in relazione con il suo modo d'essere e le sue capacità.
Non è dunque alla stupidità, che mi sono indignata.
Poi  è arrivato un certo modo meschino, di confondere i presenti per coprire le proprie mancanze. Questo modo di fare, di ingarbugliare le discussioni, di mimetizzarsi senza la bellezza del camaleonte e privo di un'astuzia intelligente, purtroppo, è sempre più diffuso in qualunque ambito delle nostre vite, delle nostre giornate: vedi amanti che non hanno il coraggio di lasciarsi con schiettezza e inventano scuse qualsiasi, vedi negozianti che ti dicono che ti sta benissimo quel vestito che ti fa sembrare informe, vedi consulenti che tirano per le lunghe favoleggiando su difficoltà che solo loro possono risolvere, e allora contestualizzi la meschinità.
Alla meschinità ho cominciato ad indignarmi, ma in maniera contenuta.
C'è stato poi un delirio di parole vuote, di pressapochismo, di difese indifendibili, di unghie che si aggrappano allo specchio e di specchi che non hanno nulla da riflettere. C'è stata la tracotanza, al giorno d'oggi poco citata ma molto praticata, ci sono state accuse false contro assenti che non avevano parole; c'è stato un innalzamento di toni e una presa di confidenza che nessuno aveva mai dato, c'è stata cattiveria, quella cattiveria figlia della piccolezza, la cattiveria più infima.
Tutte insieme sono arrivate, con la cattiveria, anche l'ignoranza, che subito ha tolto il velo alla mancanza di merito, e l'insolenza, che voleva rimettere a posto quel velo ma aveva mano troppo poco delicata per riuscirci.
Alla cattiveria, all'ignoranza e all'insolenza non ho resistito.
Non ho resistito e mentre argomentavo, rispondevo, illustravo con dati certi e verificabili, ho preso coscienza che stavo parlando con la mancanza di merito, quella che fa dire qualunque stupidaggine, qualunque meschinità, qualunque cattiveria come se nulla fosse, perchè tanto non ci si è mai preoccupati di riflettere, pensare, valutare.
E alla mancanza di merito sono esplosa.
Ho alzato la voce, mi sono alterata, ho usato parole pesanti, ho sbagliato, ma la mancanza di merito, e la sua legittimazione, no, non ho più la pazienza di accettarle.

Credo non sia servito a niente, se non ad illudermi di aver dato un contributo ai diritti dei giovani lavoratori che provano a mettersi in gioco, a rischiare, che investono nella propria formazione e rispettano il proprio lavoro e quello altrui, che magari leggendo questo post troveranno il coraggio o la leggerezza necessari per pretendere rispetto e competenza dalle persone con cui lavorano.

mercoledì 3 ottobre 2012

Pranzo di lavoro - Braciole, braciole, braciole!

Lo canto a squarciagola sul più noto tema di Mina "Parole, parole, parole", mentre riempio la carne di "muddica cunsata" e respiro Sicilia in terra nordica.
La ricetta è semplice, è la spiegazione che è complicata, perchè è molto localizzata e corrisponde, come tutte le ricette tipiche, ad una vera e propria filosofia di vita.
Cominciamo con il nome: noi le chiamiamo "braciole", caricando sulla 'o' accentata tutta la nostra idea di pieno, di sazio, di gusto su quel piatto che l'universo mondo al di fuori della provincia di Messina conosce come "involtini", che fa più elegante e misurato, perciò non rende proprio l'idea di esagerazione che ci accompagna in ogni manifestazione della vita!
Ero già grande quando ho scoperto che per voi le braciole sono la bistecca di maiale...
Passiamo al taglio: anche questo, fuori dal territorio messinese, non c'è, non si trova. Sparuti macellai palermitani e catanesi ci provano, ma con risultati, non me ne vogliate, veramente lontani dalle nostre braciole... E allora voi, amici vicini e lontani, che volete avventurarvi nella preparazione delle braciole, chiedete all'amico macellaio il taglio cotolette o brasato, e che la fetta sia sottile ma veramente sottile...
Chiudiamo con il condimento: chi segue il mio blog, lo conosce già! Pangrattato, parmigiano grattugiato (forza con quelle braccia! No a buste di anonimi formaggi simil parmesàn, comprate un bel pezzo di Parmigiano, possibilmente di quello in offerta perchè sopravvissuto al terremoto, e grattugiatelo voi), prezzemolo e aglio tritati finemente, un filo d'olio, formaggio a pezzetti.
A questo punto, il difficile è superato e arriva il divertimento: fetta di carne, condimento in centro, rotolino chiuso ai lati e infilzare allegramente con uno spiedino, per un totale di 5-6 braciole per spiedino.
Cucinatele alla brace, alla piastra, in padella, al forno, fate come volete, sempre buone sono!
Io le ho mangiate stasera e lo spiedino rimasto me lo porto domani per pranzo con insalata di pomodori di contorno... E spero vivamente e sinceramente che possiate fare lo stesso anche voi!
Buon pranzo!

giovedì 20 settembre 2012

Quando finisce un lavoro

C'è chi si butta a capofitto a cercare altro, c'è chi ride a crepapelle perchè la disoccupazione gli ha restituito un po' di profumo di vita, c'è chi si sente abbandonato e tradito.
Quando finisce un lavoro ci sono mille diverse reazioni, mille domande e altre mille ricerche che partono, curriculum che volano da una casella mail ad un'altra ed un'altra e un'altra ancora.
In ogni reazione, però, qualunque essa sia nel ventaglio che va da un esagerato sconforto all'eccessivo entusiasmo, c'è una profonda dignità, c'è coraggio, c'è resistenza.

Ieri sera ero con un gruppo di coetanei: uno avrebbe iniziato a lavorare oggi, una ha finito ieri, un'altra che ha chiuso una carriera cambiando completamente settore e si sta formando per essere all'altezza, io che cerco di stare in equilibrio fra un incarico e una consulenza, un'avvocatessa che non ha mai l'assoluta certezza che dopo un cliente da assistere ne arriverà sicuramente un altro...
Si vedevano pensieri rimbalzare da una testa all'altra, pensieri pesanti, profondi, che toccano le scelte di vita più serie e impegnative, che riguardano case e vacanze, mutui e bambini, solidarietà ed egoismo. Eppure nessuno che si lagnava, nessuna lamentela, nessuna pacca sulla spalla. Abbiamo riso tutto il tempo, raccontando aneddoti, ricordando amenità, cattive figure, momenti di mutuo soccorso... che bella serata!
Le stanno tentando tutte per rubarci presente e futuro, per farci credere che non saremo mai all'altezza, per toglierci spazio e tempo... Ma noi, noi resistiamo! Noi ridiamo e andiamo avanti!
Tenetevi i vostri privilegi, tenetevi strette le pensioni, le tredicesime e le quattordicesime, tenetevi le vostre granitiche certezze pesanti come macigni che stanno sgretolando la fragilità che ci avete costruito sotto! Che forza che siamo noi, precari dal sorriso facile!
Che forza che siamo noi, che andiamo avanti e resistiamo!

sabato 15 settembre 2012

ENVOY chiama Italia, ENVOY riflette Italia

Letteralmente "aggrappata" alla connessione internet del bar dell'aeroporto, rifletto dopo una ulteriore fase del progetto ENVOY.
I referenti della Bulgaria, Paese ospitante, li abbiamo salutati frettolosamente ieri sera, in una partenza in autobus rocambolesca e con tanto di passaggio notturno della frontiera che fa tanto clandestini di ritorno!
Le delegazioni dei Paesi partner, Italia inclusa, sono partite, e io qui aspetto il mio volo (lunga lunga attesa) e rifletto.
Ripenso a queste giornate di lavoro, un lavoro privilegiato, che mi permette allo stesso tempo di fare ed osservare, ignorare e capire, arrabbiarmi e pazientare.
Penso a chi ci ha ospitato offrendo semplicità, concretezza, contenuti, dignità e simpatia e mi emoziono ricordando certi sorrisi gentili, certi spazi semplici, certe osservazioni così profonde.
E ripenso al gruppo italiano: tutti (me inclusa) sempre confusionari, in ritardo... Ognuno per i fatti suoi, ognuno ad inseguire il proprio caffè, a guardare il proprio telefonino, a parlare un inglese stentato, a lamentarsi ed annoiarsi. Non è una riflessione rivolta a nessuno in particolare, nè solo a quelli che eravamo presenti all'evento, per quanto da lì arrivi l'ispirazione... In questa descrizione improvvisamente, mentre davanti mi passa l'Europa che corre al lavoro, che prende un aereo per cercare nuove fortune, che con passaporto romeno vende un'insalata greca ad un tizio che sembra inglese, io vedo l'Italia disordinata, che non ce la fa a stare al passo. Un'Italia senza idee e senza contenuti e ho paura che sia tutto così il nostro Paese...
Poi ripenso pure alle risate fatte in questi giorni, a come siamo riusciti a risolvere anche questioni molto ingarbugliate, a come riusciamo, nonostante tutto a farci volere bene, e allora spero... spero... Spero che per il prossimo evento ENVOY non ci siano tutti questi intoppi e che adesso il mio volo si decida a comparire sul tabellone del check-in!

lunedì 3 settembre 2012

Aggratisse! Consigli da monologhi

Oggi ho avuto tre-ben-tre telefonate con una persona che ha il brutto vizio di impostare un dialogo come fosse un monologo, cioè parla solo lei.
Una chiacchierona come me certi post non dovrebbe scriverli, ma almeno a me in molti riconoscono capacità di ascolto e nel dialogo, soprattutto di lavoro, do spazio a tutti! 
Questa persona di oggi no, assolutamente! Da quando ho risposto al telefono non ha fatto altro che parlare lei, granitica, sicura, affrettata, con un tono a metà fra il "uè ciccètti, rapido!" e il "presto che devo correre a togliere la pentola dal fuoco che si sta bruciando!", insomma: insopportabile!
Ogni mio tentativo di inserirmi nella discussione, approvare, spiegare, è stato inutile, secondo me aveva il discorso scritto e si era pure esercitata a leggerlo tutto d'un fiato, altrimenti è fisicamente  impossibile che ci sia riuscita con naturalezza e spontaneamente!
Peraltro non è la prima volta che lo fa, anzi, tutte le volte che ci parlo al telefono è sempre la stessa storia, ormai sono preparata all'assalto del carrarmato!
Sono certa che di persone così ne incontrate ogni giorno anche voi e allora i consigli Aggratisse! sono due:
Aggratisse! n. 1: riconoscere il nemico. Le persone con la tendenza monologa le riconoscete subito, perchè non parlano. Come non parlano? Si, in realtà i tipi così sono abbastanza taciturni, stanno zitti per ore e poi esplodono! Schiaffano in faccia agli altri tutto in una volta quello che normalmente si direbbe in tre giornate lavorative e ritornano al loro silenzio. Guardatevi da colleghi troppo poco socievoli, stanno per scoppiare.
Aggratisse! n. 2: neutralizzarlo. Inutile provare a disarmarlo, è troppo ben fornito. Inutile anche evitarlo, starà zitto per ore, giornate, interi Co.co.pro., ma prima o poi vi arriverà addosso, e allora lì potrebbe essere la fine. Non resta quindi che neutralizzarne l'effetto: preparatevi un caffè, leggete una rivista, scambiate quattro chiacchiere... Ovviamente non con lui, con altri mentre lui si sfoga senza sosta!

venerdì 31 agosto 2012

Esordi

Il lavoro mi porta a conoscere ogni giorno persone sempre nuove, alle quali cerco di dare una buona "prima impressione", la migliore che mi riesca... Di conseguenza sono anche attenta alla prima impressione degli altri su di me, notando dettagli, battute, movimenti. Sarà per questo motivo, per questa esasperata attenzione che penso ancora allibita ad un episodio accaduto qualche giorno fa.
Dovevo contattare urgentemente il responsabile di un ente per il quale sto seguendo un progetto; fino a quel momento non avevo mai parlato direttamente con lui, perché aveva seguito il progetto un suo delegato, ma la questione si era fatta seria e serviva l'autorizzazione al vertice.
Bene, gli telefono pensando che, non avendo lui il mio numero, non mi avrebbe risposto... E infatti non ha risposto. Ho chiamato un paio di volte e lui non rispondeva. A quel punto decido di mandargli un messaggio: so che non è carino mandare un messaggio a chi non si conosce, specie se si tratta di un contatto di lavoro, ma ero alle strette, dovevo avere quella risposta e non ho trovato altra soluzione. Gli invio quindi questo messaggio, presentandomi, scusandomi per il disturbo, illustrandogli brevemente il problema e chiedendogli quando avrei potuto chiamarlo per discuterne.
Letto il messaggio, mi richiama lui e da qui il suo esordio.
Avrebbe potuto fare il severo ed arrabbiarsi con me perché ero stata troppo insistente.
Avrebbe potuto essere improvvisamente subito cordiale, togliendomi dall'imbarazzo del disturbo.
Avrebbe potuto dire di essere già a conoscenza del problema.
Avrebbe potuto rimandare la conversazione a più tardi.
Avrebbe potuto segnarmi un appuntamento per parlarne di persona.
Ma sarebbe bastato anche "buongiorno", o "chi parla?", oppure "Giovanni, non ora! Ah non sei Giovanni!?". Insomma, aveva una vasta scelta!
E lui? Niente di tutto questo!
Il suo esordio è stato decisamente e tristemente molto più originale...
La prima cosa che mi ha detto il mio referente, responsabile, capo, riferimento chiamiamolo come vogliamo, comunque lui che avrebbe dovuto presentarsi a me da grande faro nella notte, la prima cosa è stata: "ma questo suo numero è Vodafone o Tim?". Memorabile...

lunedì 13 agosto 2012

Alla fiera dell'est

Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un Precario trovò.

E venne il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

E venne il Capo che premiò il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

E venne il Responsabile che licenziò il Capo che premiò il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

E venne l'Azienda che lodò il Responsabile che licenziò il Capo che premiò il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

E venne la Crisi che chiuse l'Azienda che lodò il Responsabile che licenziò il Capo che premiò il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

E venne il Coraggio che cacciò la Crisi che chiuse l'Azienda che lodò il Responsabile che licenziò il Capo che premiò il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

E venne la Nuova Generazione che portò il Coraggio che cacciò la Crisi che chiuse l'Azienda che lodò il Responsabile che licenziò il Capo che premiò il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

E venne il Merito che sostenne la Nuova Generazione che portò il Coraggio che cacciò la Crisi che chiuse l'Azienda che lodò il Responsabile che licenziò il Capo che premiò il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

E venne il Buon Senso che guidò il Merito che sostenne la Nuova Generazione che portò il Coraggio che cacciò la Crisi che chiuse l'Azienda che lodò il Responsabile che licenziò il Capo che premiò il Collega che denigrò il lavoro che al mercato il precario trovò.
Alla fiera dell'est, per due soldi, un lavoretto un precario trovò.

Alla fiera dell'est, per due soldi, il lavoretto il precario lo lasciò.

Alla fiera dell'est, ben premiato, un bel lavoro un ragazzo trovò!

sabato 11 agosto 2012

Oggi proprio non ce la posso fare...

Dovrei spicciarmi, scrivere e lavorare, ma oggi sembra impossibile!
Ci sto mettendo il massimo dell'impegno, ma che ci posso fare se le lettere sulla tastiera si scambiano di posto e sbaglio a scrivere? Non è certo distrazione o poca voglia! E poi, lavare i piatti è più utile, facilita la concentrazione, tutto materiale che ritroverò domani! E volete mettere la soddisfazione di guardare gli ottimi risultati della nuova lavatrice? E c'è la gara di ginnastica artistica: così eleganti e leggiadre, che fai, non le guardi? E una passeggiata per un gelato? E un tuffo in piscina verso il tramonto?
Io starei qui a lavorare, ma ben altro mi chiama!

mercoledì 8 agosto 2012

Aggratisse! - Sempre valido

In questo periodo sto lavorando tanto, troppo, e con il clima di questi giorni non è esattamente piacevole...
Sono inseguita dalle scadenze e dall'ansia di chi pensa che non si arriverà in tempo, dall'apprensione di chi ritiene il proprio lavoro prioritario rispetto al mondo e dalla presunzione di chi saprebbe come fare se fosse al mio posto (ma non lo è, per cui si rassegni)...
In queste situazioni di stress generalmente si pensa che aggiungendo ore di lavoro su ore di lavoro si arrivi a fare tutto e si finisca prima: stai giornate attaccato al computer tentando invano di risolvere un budget che non ne vuole sapere di chiudersi in pari, cercando la parola giusta fra decine di sinonimi e desiderando che la pagina miracolosamente si riempia di foto e testi.
Quando ti accorgi però che scegli sempre il sinonimo meno adatto, che la pagina è bianca esattamente come due ore prima, che per far tornare i conti bastava guardare la casella excel subito sopra, beh, ritardo o meno, consiglio Aggratisse!: è il momento di staccare! 
E' il consiglio più vecchio del mondo, lo so, la scoperta dell'acqua calda, ma è veramente valido!
Si chiude tutto un paio d'ore e si esce a distrarre la mente, al ritorno ritroverete lucidità e immediatezza e il lavoro scorrerà via più veloce e leggero.
Se poi siete proprio bravi, come me ieri pomeriggio, al ritorno a casa dalla passeggiata distensiva vi ritroverete anche con almeno un paio di scarpe e dei braccialetti nuovi, ma parliamo di vera professionalità!

lunedì 30 luglio 2012

Nonostante tutto

Nonostante i detersivi siano in una busta sulla poltrona del salotto, i bastoni delle tende appoggiati sul letto, il casco sia arrivato in bagno.
Nonostante tre confezioni di pasta sotto la scrivania, un tamburello sopra il mixer sopra un monitor del pc sopra il condizionatore.
Nonostante nella libreria si trovino scatole di bracciali e collane, palline morbide antistress, appunti spese, un pennello asciutto e cos'altro? Ah si, libri.
Nonostante scatoloni di cd, l'armadio vecchio fatto a pezzi e i resti accumulati dietro la porta, nonostante 13 sacchi di immondizia, nonostante l'impegno a continuare con la differenziata, nonostante stia mangiando pasta e pizza ogni giorno.
Nonostante le olimpiadi che mi piacerebbe seguire momento per momento, nonostante il caldo, nonostante la piscina invitante, nonostante il nastro carta sul leggio e gli spartiti in balcone.
Nonostante non trovi più, in questo delirio, un telefonino, certe preziose fotocopie e il quaderno appunti.
Nonostante tutto questo, portatile sulle ginocchia e lavorare!

lunedì 16 luglio 2012

Come il Made in Italy

Credo di essere in grado di spiegare, con un esempio semplice che non ha nessun riferimento a fatti realmente accaduti, la storia del finto Made in Italy.
Ti viene richiesto di fare una determinata cosa, la fai, bene o male, ma lo fai.
Pensi di non averla fatta neanche tanto bene, visto che non ti viene detto nulla (tipo "ok, va bene").
Questo qualcosa viene poi utilizzato da chi te l'aveva richiesto, quindi forse l'hai fatto un po' bene, ma fa niente, pensi che l'avrebbe potuto fare chiunque.
Arriva un chiunque, un qualcuno piovuto non si capisce bene nè da dove nè perchè, e si appropria del tuo operato, e lo usa come fosse produzione propria, con il consenso di chi inizialmente te l'aveva commissionato.
Quest'ultimo arrivato, però, del tuo lavoro conosce la forma, non la sostanza, e a ben guardare, non ha neanche le tue capacità artigiane e creative, per cui il tuo prodotto non lo sa utilizzare e valorizzare come meriterebbe; lo svilisce, al massimo gli riesce una sbiadita imitazione.
Lo espone al pubblico, come se fosse in commercio, tentando di venderlo (ovviamente con propria etichetta).
Ma il pubblico, si sa, è vario. La maggior parte va di corsa, non ha tempo per approfondire, per stare troppo a sentire, e se la forma è bella entra e compra distratto, impacchetta e porta via, pensando con granitica certezza di aver fatto un affare.
Poi c'è quello attento, accorto. C'è la crisi e non si può stare a spendere e spandere senza prudenza.
E' quella parte di pubblico che conosce il proprio mestiere, che viaggia, che ogni giorno ascolta voci diverse, che insegue innovazione e tradizioni, contenuti e bellezza, che non si accontenta di una cosa qualunque. Che prima di acquistare, passa in rassegna il prodotto da cima a fondo. Non c'è niente da fare, non c'è inganno che tenga: quello, se non è originale e ben fatto, non compra.
Ieri, con una storica sentenza, il vero Made in Italy ha vinto su falsi e imitazioni, esaltando sè stesso e ricordando al mondo la propria unicità.
L'esempio si conclude qui.
Sono solo delle slide, delle frasi, delle immagini. Salto certe fiere e certi giri di giostra, lasciandovi fare mentre vendete souvenir da turismo globalizzato: il pubblico che acquista il mio lavoro è ben altro, ama la qualità.

mercoledì 11 luglio 2012

Cervelli e cuori in fuga

Ogni volta che politici e professoroni con minimo 40 anni di carriera devono (devono, perchè non vorrebbero, ma sono costretti a farlo dall'opinione pubblica e da un contesto sociale che urla giustizia) parlare dei tanti ragazzi italiani emigrati all'estero, che sia Europa o oltre, alla ricerca della realizzazione professionale che nel nostro Paese manca, i suddetti partono con statistiche, numeri, elenchi, tematiche, analisi fredde e decontestualizzate.
Quello che mi incuriosisce di più in queste storie, invece, è proprio il contesto affettivo che viene trascurato da larghissima parte degli studiosi ma costituisce in realtà la particolarità di ogni storia, quell'insieme di emozioni del prendere e lasciare, del cambiare e del mantenere, del ricordare e prospettare che sono la leva principale della partenza.
Ci pensavo l'altra sera, mentre ascoltavo "Crossroads" il cd di Paolo Tomaselli, giovane e bravissimo chitarrista che ha lasciato Milano - e una Italia forse ancora troppo restia alla musica emergente - per la blinding New York (potete ascoltarlo a questo link http://paolotomaselli.bandcamp.com/album/crossroads). Il suo jazz fresco, profondo ma non pesante porta con sè tutti i colori della memoria e del percorso di chi, per scelta o per necessità, ha deciso di partire, di aprirsi a nuovi orizzonti, di guardare nuove luci e ascoltare rumori e suoni di città inesplorate. C'è malinconia ed entusiasmo, c'è profumo di cucina mediterranea e di tecnologia della Silicon Valley, ci sono le Alpi in lontananza e Central Park sotto ai piedi, c'è quello che si era e quello che si vorrebbe essere e i suoi progetti e i suoi sogni rappresentano, fra melodie e armonie nuove e originali, quelli di tanti ragazzi che provano a realizzare un pezzo di sè.
La sfida di Paolo, poi, è ancora più importante, visto che sta provando a mordere la Grande Mela direttamente al cuore della sua cultura musicale.
Lasciamo da parte numeri e statistiche e pensiamo davvero a questi ragazzi, alla loro sfida, alle loro emozioni. Tutti noi che siamo rimasti qui diamoci da fare per rendere l'Italia tutta un posto migliore per chi ci vive e facile da difendere per chi dall'estero fa di tutto per mantenerne alto il nome.

lunedì 9 luglio 2012

Aggratisse! - La rete

Le potenzialità del web non smettono di sorprendermi... E da blogger è una bella affermazione!
Dovrei parlare con naturalezza della rete senza se e senza ma da mesi, e invece, come ogni fenomeno di una certa importanza, ogni giorno mi stupisco davanti a nuove scoperte e osservando il meccanismo di causa/effetto che sul web spesso è ancora più rapido che nella vita reale.
Da anni mi occupo (fra le altre cose) di sviluppo e marketing territoriale senza troppo parlarne, perchè non è un lavoro semplice da spiegare e a volte preferisco evitare di perdermi in lunghe narrazioni che alla fine non portano da nessuna parte. Insomma, talvolta anche persone che sento e vedo spesso non sanno esattamente che lavoro faccio. E poi...
E poi vengono pubblicate (con il consenso, ovviamente) delle slide preparate da me per un incontro pubblico con operatori del settore e nel giro di due giorni arrivano telefonate di amici che chiedono "sei proprio tu o è anonimia?" insieme a persone che vogliono discutere di lavoro!
Bello il potere della rete di amplificare qualsiasi informazione, di darle anzi una vita propria con un ritorno inatteso e piacevole.
E allora il consiglio Aggratisse! lo immaginate già: pubblicizzate su internet le vostre attività, le competenze e ogni esperienza che ritenete utile per chi potrebbe essere interessato al vostro lavoro.
Dall'altra parte del monitor c'è qualcuno che aspetta di sapere che ci siete e che lavoro fate!

venerdì 6 luglio 2012

Curriculum di rara bellezza

Da quando ho aperto il blog capita abbastanza spesso che amici e conoscenti mi girino il proprio curriculum per avere la mia opinione se è presentato in maniera chiara, se è troppo lungo o dispersivo e così via. 
Capita pure che alcune persone mi girino il loro cv pensando che dietro di me ci sia chissà quale agenzia di comunicazione e chiedono di collaborare, evidentemente non mi conoscono abbastanza... Anzi, non mi conoscono affatto!
Io non sono una esperta di valutazione curriculum, ne ho inviati tanti - questo si! - ma più che un parere e un'aggiustatina alla forma non posso fare, per questo motivo è un tipo di attività che non mi appassiona particolarmente.
Oggi però il curriculum da sistemare graficamente ha attraversato l'Italia intera, è arrivato da mia mamma, allegato al messaggio "non riesco a cancellare alcune cose, vedi che puoi fare. Grazie. Mamy". 
E io che posso fare? Mi sciolgo per quel bellissimo "grazie. Mamy" e mi metto a leggere e sistemare!

mercoledì 4 luglio 2012

Casa dolce casa

Gli farò una statua, lo coprirò di lodi in pubblica piazza, ne citerò il nome ogni tre parole.
Lo proporrò per il nobel, come senatore a vita, presidente onorario di qualcosa di bello. E in tanti mi seguiranno, ne sono sicura, perchè in tanti, senza saperlo, gli vogliono bene, soprattutto donne.
A te, Jack Nilles, va oggi il mio più sentito ringraziamento!
Chi è? Il principale teorico del telelavoro, colui che una quindicina di anni fa ha incominciato ad introdurre negli USA il concetto e le potenzialità del lavoro svolto da una sede diversa da quella aziendale/istituzionale (solitamente casa propria).
Oggi ho lavorato beatamente da casa, e tutto è andato bene fin dall'inizio, visto che mi sono svegliata mezz'ora dopo risparmiandola dalla solita oretta di viaggio... Niente traffico, niente semafori da rincorrere (il siciliano, si sa, quando vede il giallo pronto a diventare rosso si fionda come se si trattasse di un invito a superare l'incrocio), niente autoradio che sulla canzone più bella perde il collegamento perchè sei in galleria o in prossimità di una chiesa che ha sul campanile il ripetitore di Radio Maria. Niente afa insopportabile, niente mail che appena le apri ti chiedono la conferma di lettura per cui tutti sanno che sei arrivato. Niente vicini invadenti, niente pranzo al baretto...
Il lavoro da casa lo fai dalla postazione più comoda, nella stanza più fresca, con la tuta più sformata. Puoi fare una pausa appena ti ricordi che hai la biancheria da stendere, invece di pensarci tutto il giorno dall'ufficio e sperare non si bagnino con la pioggia improvvisa.
Puoi guardare il telegiornale e pensare che era meglio non guardarlo, puoi ascoltare musica e sbirciare qualche video mentre bevi il caffè. 
Puoi ridacchiare per stupidaggini di casa ed immergerti nel tuo lessico famigliare. Puoi lavorare ad orari insoliti, infornare la torta e mandare le mail mentre il profumo riempie la stanza. 
Puoi fare un tuffo in piscina, tanto ci metti un attimo a tornare davanti al pc!
Secondo me da casa si lavora più tranquilli e leggeri, insomma, si lavora meglio
E' il controcanto di chi si porta la casa sul posto di lavoro, il tentativo meglio riuscito di lavorare in un ambiente accogliente che aiuti la concentrazione e stimoli l'inventiva. 
Oggi ho fatto tanto, questa si chiama una bella giornata lavorativa!

lunedì 2 luglio 2012

Per rispetto della privacy

Qualche giorno fa è successo un episodio a lavoro che ho pensato subito fosse da raccontare qui sul blog, troppo divertente!
Ci sono voluti però quattro giorni di riflessione per capire come raccontare di una persona che ha violato la privacy di altre, senza farlo a mia volta... Servirebbero le capacità di uno sceneggiatore, perchè la gag è complessa... Ci provo!
Ufficio, caldo storico-mitologico (nel senso di Scipione e Caronte messi assieme), stanchezza per il lavoro arretrato e insofferenza verso il mondo, o viceversa, tanto è uguale.
Entra il nostro vicino di ufficio, un giovane datato, giovane dentro diciamo, rappresentante di una associazione che opera in ambito socio-sanitario, e prova a fare il simpatico: un po' agita fogli a mo' di ventaglio, un po' sorride e un po' parla. Ma soprattutto straparla.
Ora non ricordo quali e quanti furono i passaggi necessari per arrivare a parlare della salute della collega seduta di fronte a me, ma ricordo benissimo che ha esordito dicendo "io per rispetto della privacy certe cose non posso dirle, però...": però le ha dette, tutte.
La collega era sbalordita, lo guardava domandandosi "non può aver detto questa cosa qua e quell'altra là, e ancora un'altra", mentre lui sciorinava dettagli che era una bellezza!
Non pago e soddisfatto, sapendo da buon volontario che si può sempre dare di più, è passato nella stanza accanto dall'altra mia collega e, brandendo il più profondo senso della privacy, non solo le comunica di essere a conoscenza di certi suoi dettagli medici, ma le dice pure nome, cognome e ospedale di appartenenza di chi gli aveva girato l'informazione! E' stato un momento bellissimo, da vedere: la ragazza esterrefatta che non ha potuto produrre altro che un sorrisino di circostanza e lui in trionfo!
Torna dal primo bersaglio e, sempre nel massimo rispetto della privacy, qualora ci fosse sfuggito qualcosa, inizia ad elencarci tutti i dettagli di cui era a conoscenza, con tanto di commento didascalico e aggiungendo di tanto in tanto un elegantissimo "se vuole una spalla su cui piangere, ci sono qua io".
A questo punto mi domando dove arriveremo e penso sia il caso di fermarlo. Scrivo in chat alla collega: "fa' qualcosa, mandiamolo o non la smette più", lei è disarmata, l'unica cosa che le viene in mente è fingere uno svenimento. In un lampo penso "oddio no, se no questo attacca con altri dettagli connessi allo svenimento" e propongo per una bella randellata sul ginocchio (quello sano, perchè uno ce l'ha mal messo, secondo quanto ci ha detto sfuggendo il suo senso della privacy), ma evidentemente risulto troppo violenta visto che la controproposta della collega è di passare la palla (mai metafora fu tanto appropriata) alla collega dell'altra stanza, la quale secondo me stava già sporgendo denuncia verso quella spia dell'infermiera.
Insomma, scrivo all'altra collega sfoderando un grande classico del diversivo da ufficio: fingi una chiamata per me. Funziona! Fa squillare il telefono e lui magicamente decide sia giunta l'ora di andarsene, offrendo ancora una volta, per chiusura di scena, la spalla su cui piangere.
L'episodio, per il quale ho riso alle lacrime guardando le facce perplesse delle ragazze, mi ha fatto pensare alla vecchia disposizione dell'ufficio, un openspace che, se fosse rimasto tale, a quest'ora l'avremmo dovuto dividere con il banditore, tenendolo così aggiornato, senza minimamente volerlo, su tutto...
Che dire..? W il cartongesso, ha salvato la mia privacy e il suo menisco!

mercoledì 20 giugno 2012

(s)Pendolare

La mia personale formula di pendolarismo per andare a lavoro è 1 treno + 1 metro + 1 treno, sulla cui validità veglia e vigila attenta la famosa efficienza padana, che dovrebbe garantirne la puntualità.
Solitamente funziona, ultimamente poco e male, poi è arrivato ieri.
Milano, 19 giungo 2012: 39 gradi all'ombra e quell'aria così leggera e fresca da sembrare giallina.
La mia formula del pendolare si è trasformata in:
- Treno n. 1, per ora la linea è interrotta e devo prendere un treno n. 2, che mi porterà in un'altra stazione della stessa metro che mi porterà al treno finale.
- Treno n. 2 annunciato con 16 minuti di ritardo, ora 17, ora 18, ora 19, ora 20, ora 22, arriva dopo 25.
- Treno n. 2 che si ferma due stazioni prima della destinazione. Ora riparte, sta ripartendo, e che non riparte? Ma certo che partiamo, stiamo partendo, attenzione al piedino, porte in chiusura che si parte, salutate con la manina quelli sul binario perchè si parte, treno soppresso.
- Treno n. 3, che mi dovrebbe dare un passaggio fino alla stazione di interscambio con la metro: perso nella transumanza da un binario all'altro.
- Treno n. 4che anche lui mi potrebbe dare un passaggio fino alla stazione di interscambio con la metro: 7 minuti di ritardo, ma almeno passa, riparte e, soprattutto, arriva.
- Metro n. 1: non c'è un posto a sedere, non funziona l'aria condizionata, è piena di ragazzine urlanti per il nuovo acquisto in saldo, ma va bene così, visto che parte e, soprattutto arriva.
- Treno n. 5 (che se state tenendo il conto, secondo la mia formula doveva essere il n. 2): in ritardo di 8 minuti, però parte. Sapere che quello prima è stato soppresso non mi consola per niente.


Abbiamo treni veloci, treni di lusso, frecce, frecciatine, treni italici e internazionali, perchè in prima classe non si viaggi bene ma meglio, mentre il popolicchio può beatamente tornare a casa da una giornata di lavoro con le sue due orette di ritardo, la famosa Italia a due velocità.
Oggi sostengo il traffico ferroviario regionale, mi comporterò cercando di agevolarlo, senza appesantirne ulteriormente il carico: vado in macchina.

venerdì 15 giugno 2012

Startappano!

Secondo me sono le conseguenze della primavera, che porta e fa nascere novità.
In Sicilia si tratta soprattutto di nuova e inarrivabile fioritura, ho visto bouganville che voi umani (anche perchè in Sicilia associare la parola "nuovo" a qualcosa di diverso dalla normale evoluzione della natura, soprattutto in certi ambienti, è purtroppo sempre così difficile)...
In Islanda porta nuove leggi, più eque e realmente democratiche, in Lombardia la primavera porta start-up d'impresa, o meglio, porta soggetti che si occupano di avvio di nuove idee imprenditoriali. Davvero, ovunque ti giri è un continuo fiorire di eventi, incontri, seminari, siti web dedicati alle start-up di imprese: ci pensa la regione, ci pensano le province, ci pensano i giovani alternativi, ci pensa l'assessore "figo", ci pensano i vecchi politici che hanno bisogno di rifarsi l'immagine in vista delle elezioni. Ci pensano architetti, designer, figli di imprenditori, nipoti di imprenditori, padri di imprenditori... Ci pensano Erasmus, Comenius e Leonardus!
Hanno il sito web uno più bello dell'altro, hanno l'evento immancabile, hanno la postazione alternativa, hanno il MAC, soprattutto hanno il MAC!
Oggi a Milano se non startappi non sei nessuno!
Sembra un mondo bello, interessante... A me piace il clima che si respira, di dinamismo nonostante la crisi, di nuova generazione in movimento, tanto che oggi andrò ad uno di questi eventi a cercare di capire in prima persona cosa si fa quando ci si incontra per start-up (sicuramente più produttivo, ma anche meno rilassante che incontrarsi per una birra)... Certo poi mi chiedo se alla fine, dopo tanto incontrarsi, parlare, scambiarsi, startappano davvero! E se startappano, quanto resistono sul mercato? Quanto crescono, quanto espatriano?
Ma soprattutto mi chiedo: visto che tutti questi eventi di solito si fanno all'ora dell'aperitivo, va bene che startappano, ma almeno poi stappano!? 
Vi aggiornerò al mio ritorno...

martedì 12 giugno 2012

Una giornata così!

Una giornata così, che parti alle sei del mattino bardata come se la meta fosse il passo dello Stelvio perchè diluvia - già, perchè diluvia il 12 giugno? - e torni alle nove di sera con il sole che non ne vuole sapere di tramontare e ti abbronza più dello spray innovativo capace di trasformare in soli sei minuti pallori nordici in facce color biscotto al cioccolato che una zelante commessa ha tentato invano di farmi provare.
Una giornata così, che vorresti parlare di idee e ti trovi a mollo fra numeri, cifre, conti e conticini che non so dove siano andati, ma sicuramente in un bel posto di mare, visto che non tornano e hanno mandato a dire chiaramente che non intendono farlo.
Una giornata così, che pensi quant'è bello girare per lavoro e ti senti dire che sei la casalinga del gruppo.
Una giornata così, che hai in programma un aperitivo con un'amica solare e divertente e scopri che in realtà è un guru della comunicazione.
Una giornata così, che guidi così a lungo che potevo arrivare a Venezia, ma non avrei riflettuto tanto se non mi fossi messa in macchina.
Una giornata così, piena di facce, montagne, fabbrichette, autogrill, modulistica, pioggia, sole, pizza, sorrisi, excel, mail, convenevoli, autenticità, grinta.
Una giornata così, che finisce stanchissima ma piena, così piena di idee e di cose da fare che non si può non ricominciare!

domenica 10 giugno 2012

Aggratisse! - Creatività

Difficoltà sul lavoro se ne incontrano ogni giorno: colleghi inadeguati, referenti sempre in ritardo sui tempi, diversi modi di vedere e di pensare, metodologie talvolta opposte per raggiungere lo stesso obiettivo. La situazione in sè non sarebbe neanche tanto grave, è un po' tutta la vita ad andare così... Con il risultato, nel 97% dei casi, che si arriva la sera così stanchi ed esauriti che certi giorni neanche le repliche del telefilm preferito bastano per scaricare la tensione accumulata.
Ironia a parte, il rischio che si corre è che banali problemi sul lavoro s'ingigantiscano ad ogni metro percorso per tornare a casa, diventando qui bolle pronte ad esplodere addosso ai malcapitati o, peggio, pronte ad implodere dentro un silenzio rabbioso, che a sua volta prima o poi andrà a scaraventarsi da qualche parte.
Il nodo è proprio questo: piaccia o no, il lavoro resta una delle attività principali delle nostre giornate; se non lo è anche in termini di coinvolgimento emotivo, di sicuro lo è per il tempo che gli dedichiamo, in un rapporto tempo lavoro/tempo libero che a fatica sta in equilibrio, soprattutto se sei giovane e precario (rarissimo oggi)...
La professoressa di lettere del ginnasio (18 ore settimanali di ordinaria follia, ma le dobbiamo tanto) al primo giorno di scuola ci disse che nei due anni successivi avremmo passato più tempo con lei che con i nostri genitori (promessa? Minaccia?), che capovolto significava che lei per lavoro passava più tempo con noi che con i suoi figli...
Gli esperti chiamano questo complesso rapporto "work life balance", io so solo che è difficile da gestire ma fondamentale, per non mandare all'aria le proprie giornate giusto per qualche sfuriata in riunione.
Il problema è ampio e complicato, per cui non posso che consigliarvi - Aggratisse! - di valutare quella che è stata la mia personale soluzione: creatività! Perchè il lavoro non vi corroda, nè vi venga in mente di mollare, createvi altro lavoro, magari sognando e ragionando su quello che da sempre sta in fondo alla vostra scatola dei desideri. Forse riuscirete a costruire pian piano qualcosa di concreto, i sogni prenderanno forme delineate e saprete come muovervi nella realtà. Forse non riuscirete a realizzare molto, ma averci provato e pensato vi avrà almeno un po' sollevato dalle seccature quotidiane.
Aggratisse! - Consiglio nel consiglio: cominciate a realizzarla davvero, la vostra scatola dei sogni. Prima conteneva scarpe (belle e col tacco), biscotti, un gioco da tavola; ora, con un po' di carta colorata, nastri e creatività contiene ritagli di giornali e riviste, biglietti da visita, foto, post-it e appunti dei vostri nuovi sogni di lavoro!

sabato 26 maggio 2012

La cultura della luna

Qualche giorno fa ho partecipato ad una riunione all'università, nel dipartimento in cui ho studiato per la laurea e il dottorato. Un legame affettivo fortissimo mi lega alla professoressa e ai colleghi del gruppo di ricerca, tanto che ancora adesso sento di farne parte e continuo a collaborare, per quanto possibile nella distanza fra Milano e Messina, alle loro attività, sulle quali mi aggiornano e coinvolgono costantemente, consapevoli di un senso di appartenenza che il loro stesso atteggiamento aiuta ad alimentare.
Ero a Messina per altre questioni di lavoro e sono passata per partecipare alla consueta riunione del mercoledì e ho trovato, come sempre, un gruppo di persone che parlano e dibattono di Cultura; della Cultura vera, quella senza doppi fini, quella che ogni tanto dimentica le necessarie implicazioni economiche e si libera in approfondimenti pieni di contenuti e di domande, quella che vive della curiosità e del dubbio, senza mai divenire però il vuoto di certe speculazioni fine a sè stesse, distaccate dalla realtà, mere teorie senza risvolti pratici.
Le obiezioni contro gli accademici sono mille, e già aspetto i commenti arrivare uno ad uno a dire che si tratta di persone che guadagnano troppo e lavorano poco, che si occupano di cose inutili, che questi soldi potrebbero essere usati meglio... Obiezioni legittime, ma - permettetemi - superficiali.
Ascoltavo i miei colleghi parlare e confrontarsi su argomenti apparentemente obsoleti e mi sono sentita orgogliosa di essere, e soprattutto di essere stata, una di loro, di quelle persone che mentre la crisi affligge tutti, i teatri chiudono, le sale cinematografiche spariscono, le librerie si trasformano in negozi di abbigliamento per bambini viziati e già nel giro dei consumi inutili, continuano a credere nella Cultura, continuano a tenerla come ragione di vita, di crescita, di libertà.
Una situazione come quella riunione, piena di entusiasmo e consapevolezza, credo sia qualcosa che ha a che vedere con la storiella della luna e del dito, perchè magari a studiare i classici non si impara ad andare sulla luna, ma si trasmette ad ogni uomo l'importanza di inseguire il desiderio di andarci, perchè nessun sogno è mai abbastanza folle da non essere creduto.

venerdì 18 maggio 2012

Alla siciliana!


Ci sono riunioni infinite, riunioni inutili, riunioni dispersive...
Proprio oggi il "Corriere della Sera" parlava della lunghezza (o lungaggine...?)  delle riunioni di lavoro italiane di molto maggiore rispetto alla media europea, indagine che dimostra che ci piace parlare, parlarci addosso, mostrare di essere i più bravi...
Ci sono riunioni tese, in cui si dice tutto e si risolve poco e (rare) riunioni utili, in cui si dice poco ma si risolve molto.
Durante le riunioni spesso cala un velo di formalità, anche fra colleghi che stanno sempre insieme, mistero!
Talvolta cala un velo di sonno, soprattutto ascoltando certi interventi.
E poi ci sono le nostre riunioni, dove con una guantiera di cannoli rendi l'atmosfera più conviviale... Anche qui forse non si decide molto, ma almeno è tempo speso bene!

venerdì 4 maggio 2012

Aggratisse! - Gratis

Tutte le mie competenze, i miei ricordi, i collegamenti.
Ogni passo, ogni singolo passo e movimento.
Il pc che non si accende, la mail che non arriva, il telefono che squilla.
Idee volanti su fogli appunti e quadernoni di progetti.
Andare avanti e mai indietro, rivedendo però gli errori per correggerli.
Stanze inondate di luce, sorrisi e incitamenti.
Su tutto e soprattutto, entusiasmo dirompente e grandissima amicizia.
Non è lavoro, ma è stato come lavorare.
E allora il consiglio Aggratisse! è: non regalate il vostro lavoro se non ve lo chiede il vostro cuore.

venerdì 6 aprile 2012

Aggratisse! - Pallavvelenata

Da bambina non ho mai avuto una grande propensione per lo sport (adesso invece...).
Ero una di quelle ranocchiette appassionate di libri d'avventura e spiaggia sei mesi all'anno.
Non ero granché neanche in quei giochi tipici da scampagnata, come la pallavvelenata, che anzi non mi piaceva proprio, dopo quella volta che, intorno a 6 anni e si e no 35 kg, una compagnetta alta e larga tre volte me (da notare il "compagnetta") mi tirò una pallonata sullo stomaco di cui ancora ricordo l'impatto.
Oggi con certezza posso dire che non aver imparato il pallavvelenata è stato un grosso errore.
Per chi non lo conoscesse, pallavvelenata è quel gioco in cui quando ricevi la palla non devi tenerla e fare gioco, ma lanciarla subito a qualcun altro. Se avessi imparato a giocare a pallavvelenata, oggi potrei utilizzare sul lavoro quella capacità che utilizzano in tanti, quando arriva la metaforica palla (un problema, una discussione, una dimenticanza) sarei abilissima a passarla ad altri o quanto meno a scansarla.
Devo dire che col tempo sto migliorando, non scanso la palla e non passo la questione ad altri, però sto imparando a riconoscere la pallavvelenata quando si avvicina, quando stanno per passarmela e in qualche modo cerco di prepararmi al colpo...
Probabilmente, ammetto un po' rassegnata, non sarò mai una brava giocatrice a questo gioco (perché di un gioco si tratta): continuerò ad affrontare discussioni e problemi, a sbattere la testa al muro per cercare le soluzioni, prima di passare la palla ad altri.
Questo non rende, però, la vita facile e non è detto che venga sempre apprezzato.
Per cui, consiglio Aggratisse! del giorno, si avvicina pasquetta: dopo panino e salsiccia più vinello, dopo l'uovo e la colomba, dopo la pasta al forno e la schitarrata sotto l'albero, unitevi al gruppone della pallavvelenata, è il momento di fare allenamento!

domenica 1 aprile 2012

Bando alle scadenze!

Ho passato gli ultimi due mesi in un turbine di 7 bandi con rispettive scadenze consecutive, che si sono aggiunti alle normali scadenze di ogni giorno, tipo sentire tizio entro le 15.00, riunione entro martedì, mail entro mercoledì, problemi ogni di'! Ogni bando con il proprio regolamento, con la propria sfilza di documenti da allegare (anche detta, spesso, "cartazza inutile"), col proprio meccanismo da mettere in piedi... Una follia, sono stati sessanta giorni di follia, a scrivere progetti d'ogni tipo! Sono passata attraverso cooperazione mediterranea sulla cultura a sviluppo rurale, da musicoterapia a schede tecniche, ho parlato con attori e cantanti, con tecnici (diciamo tecnici...) e responsabili, con sponsor e architetti squattrinati più di me... Ognuno con un'esigenza prioritaria rispetto al mondo, ognuno con la genialità nel cassetto, tutto molto social, tutto molto design, tutto molto... Tutto molto bello, ok, come sempre quando faccio mille cose diverse, ma benvenuto a questo bell'aprile senza scadenze!

martedì 27 marzo 2012

Squadre

Cos'è che rende una squadra vincente? Ultimamente mi sono trovata ad osservare il lavoro di team così diversi per ambito lavorativo, storie e personalità, da trovare difficilmente il punto in comune fra loro, anche se mi sembrava, guardando un gruppo, di vederne un altro all'opera in tutt'altra attività ma con le stesse dinamiche.
Mi pare che per rendere vincente un team ci vogliono anzitutto individui capaci, ma individualità non troppo spiccate, ci vogliono coraggio e pazienza, chi guida e chi segue.
Ci vuole chi fa il lavoro che non si vede, i protagonisti assoluti dell'operosità dietro le quinte e chi sappia essere ben rappresentativo. Ci vuole l'umiltà di riconoscere i propri limiti, l'onestà di ammettere che altri sono più bravi, la semplicità di mostrarsi per come si è, la faccia tosta di ammettere di essere i migliori. Ci vuole una scommessa, un obiettivo. Ci vuole il polso di chi guida e il senso critico di chi segue. In ogni caso ci vuole il contorno ed il contesto giusto, che aiutino ciascun elemento a sentirsi al posto giusto ed utile per il gruppo.
E alla fine e prima di tutto, ci vogliono testa e cuore.
Fra le persone che leggeranno questo post, tante potrebbero pensare che è rivolto a ciascuno di loro, che è adatto ad un qualunque difficile passaggio lavorativo di quando si lavora in gruppo. Io, come sempre, scrivo sperando che in tanti vi si possano rispecchiare, ma il post non è per nessuno in particolare.
Anzi, è per mio fratello Checco, che ovunque vada si fa ascoltare ed amare.

mercoledì 21 marzo 2012

Pendolare

Per lavoro presente che stenta a decollare e passato che resta presente, ogni giorno pendolo. Pendolo fra il posto in cui vivo e quello in cui lavoro, ma - cosa ben più interessante - pendolo fra la Sicilia e la Lombardia quasi mensilmente. Il quasi include volte che, per dar seguito ai miracoli, ho pendolato con andata e ritorno in giornata, attaccata al minuto alla puntualità del volo di andata e al ritardo sperato per quello di ritorno. I passaggi in aeroporto mi piacciono sempre, vedi gente d'ogni tipo caricata sulla stessa scatoletta volante. In media ogni aereo da un passaggio a: genitori anziani che tornano a casa dopo breve vacanza dal figlio (breve per loro, infinita per il figlio e, soprattutto, per la nuora); sciantosa che anche a quest'ora, come alle sei del mattino, e' sempre perfettamente sciantosa; grigio uomo d'affari con altrettanto grigio trolley che viaggia con altrettanto grigio uomo d'affari con altrettanto grigio trolley; famiglia con bambino tanto docile e calmo che anche Maria Montessori avrebbe difficoltà; io e quelle come me, ragazze di una certa età, con la testa sufficientemente svagata, l'aria sufficientemente stanca, ma l'occhio sempre ben sveglio sulla marca della borsa o la perfetta manicure della sciantosa di cui sopra. Pendolare per lavoro fra due regioni così diverse, comunque, non rappresenta solo un cambiamento di luogo, ma anche, in qualche modo, un cambio di marcia... Arrivo da una Milano sempre esigente e puntuale, piena di gente che sa sempre Perfettamente cosa fare, una Milano poco indulgente, ma anche tanto viva, a mio avviso eccessivamente precisa e puntigliosa fuori posto, ma anche così comoda per lavorare... Parto da qui e arrivo in Sicilia... So che dovrò fare un carico di pazienza per sorridere davanti ai vari "ora videmu", "perché ti preoccupi", "signurina prima prendiamoci un bellu caffè", "e con questo sole e questo mare lei oggi che viene a chiedere?"... Dovrò fare anche un carico di stupore e ammirazione vedendo anche le tante persone che lavorano e si applicano con impegno, passione e sacrifici anche doppi rispetto a quanto non ci metterebbero lavorando al nord. So che faro' un carico di gioia, perché non ce n'e come arrampicarsi per l'Etna con il famosissimo pandino giallo per raggiungere il posto della riunione, e scendere con il portabagagli pieno di viveri... So che ripartirò con rabbia e allegria insieme, perché anche stavolta non riuscirò a spiegarmi perché in un luogo così beato, il lavoro debba essere un miraggio e la disorganizzazione e l'impreparazione la regola, interrotte ogni tanto da ammirevoli eccezioni. Allegria e rabbia, perché siamo così bravi ad improvvisare che al nord se la sognano la nostra arte di arrangiarsi, ma sono certa che saremmo ancora più bravi se riuscissimo a lavorare in condizioni normali. Vado, finalmente chiamano il mio volo, in ritardo di un'ora e mezza... La compagnia e' siciliana... Inizia lo slow mood... Ho detto tutto!

mercoledì 14 marzo 2012

Aggratisse! - Quando vai di fretta

Sarà capitato anche a voi (canticchiando "Zum zum zum"), anche se non si tratta di avere una musica in testa, ma una gran fretta.
Sarà capitato anche a voi, una giornata di lavoro in cui insegui l'inseguibile, speri di arrivare a fare tutto e intanto cerchi qualcosa contro il mal di testa, segni la lista della spesa sui post-it che appena attaccati automaticamente si staccano, fai due chiamate e ti illumini di immenso quando vedi le lancette segnare la tua ora, il tuo momento. 
Sarà capitato anche a voi, di pensare "giusto un'ultima occhiata alla posta e chiudo"... NO!
Il consiglio Aggratisse non del giorno, ma di una vita è NO! Non fatelo! Nessuna ultima occhiata, nessun giusto-per-sapere-poi-provvedo-domani, NO! Potrebbe succedervi l'impensabile, come è successo a me.
L'ultima occhiata è caduta su un fax online, attirando la mia attenzione, visto che fax non ne arrivano quasi mai. Il problema è che il fax era dalla procura della repubblica di una città indirizzato al comando di polizia di un'altra città che mandava un invito a comparire per un cittadino lì residente ma di altra nazionalità. Chiedo consiglio e mi dicono di telefonare ai carabinieri della città di destinazione, che si fanno mandare il fax e mi richiamano, loro non possono far nulla, devo richiamare in procura. Richiamo in procura al numero dato sul fax e chi mi risponde - giuro! - dice che deve verificare con sè stesso se è stato lui a mandare quel fax! Ha detto proprio così! Insomma, passa un quarto d'ora di verifica con sè stesso e mi richiama, mentre io mi stavo interrogando sulla tipologia di disagio di personalità che avrà quello dall'altro lato del telefono, che ci mette tanto per verificare con sè stesso...
Ad ogni modo, il fax l'aveva mandato lui, che non può però semplicemente correggere il numero del destinatario (magari su questo non è d'accordo con sè stesso, chissà) ed inviarlo a quello corretto, eh no, troppo facile... Devo farlo io! Mi chiede quindi di inoltrare il fax al numero esatto di destinazione...
Il mio senso civico prevale ed ubbidisco... NO! Voi non lasciatelo prevalere!
Il mio fax è online, quello del comando di polizia no e non potevano leggere la mail, per cui ho dovuto prima telefonare, verificare il numero, stampare il fax e inviarlo, contemporaneamente salutando con la manina l'intenzione di uscire dall'ufficio ad un orario decente.
Riassumendo, consiglio Aggratisse: ci sono momenti, che solitamente si concentrano fra le 18.00 e le 18.30, in cui, credetemi, il vostro senso civico può proprio aspettare!

sabato 10 marzo 2012

I miracoli

Il 31 gennaio sono stata chiamata per un incarico passato da abbastanza-impegnativo a bello-tosto quando mi hanno detto che la scadenza era il 15 di febbraio. Il committente mi disse, con quel mezzo sorriso di chi ti sta calando un pacco, "si tratta solo di un mezzo miracolo, Angela".
Giovedì mi manda una mail, c'è ancora qualcosa da fare e correggere su quel lavoro; beh, ha mandato una mail, se fosse stato urgente avrebbe telefonato, per cui penso che non sarà urgente... Rileggo la mail e la scadenza è le 7.00 dell'indomani mattina! Lo chiamo perplessa, altro mezzo sorriso, altra naturalezza nella voce: "Angela, ultimo piccolo miracolo"...
Ieri sera altra mail con ulteriori aggiunte in scadenza oggi! Il commento, neanche a dirlo, "almeno stavolta hai più tempo a disposizione per il miracolo".

Qua i dati da segnalare sono due:
1. Avrete notato che il pacco andava crescendo di giorno in giorno.
2. Con "Tu che non credi ai miracoli, ma li sai fare" il buon De Gregori intendeva tutt'altro.

Le osservazioni da fare, di conseguenza, sono due:
1. Sarà pure gratificante la stima dimostrata, ma un lavoro normale e i giusti tempi no, eh!?
2. Non credo ai miracoli e non ne voglio fare!

venerdì 2 marzo 2012

Come spiegare

Per i lavoratori precari, la compilazione del cv è un'operazione sempre più complessa.
La vita del precario è una somma di lavori, anche diversissimi fra loro, che si susseguono - nella migliore delle ipotesi senza sosta - e diventano causa di gravi crisi di identità quando si tenta di metterli su carta in fila uno dietro l'altro. A volte, a vederli dettagliati nero su bianco, si evidenziano le differenze abissali fra un incarico e l'altro e si teme di dare l'impressione di aver improvvisato per tutta la vita, prendendo quello che passava il convento senza un percorso, senza un progetto.
Crisi che si acuisce se si comincia a dare ascolto a sedicenti consiglieri e consulenti: fai un cv creativo, metti tutto, non mettere niente, specifica, metti in nota... Crisi di proporzione abissale se ci si confronta con le richieste della pubblica amministrazione, una asettica cronologia di date e luoghi.
Crisi che non ti lascia, quando vorresti che l'inchiostro da solo spiegasse come mai hai svolto quell'incarico assurdo, o come mai hai lasciato il lavoro più sicuro del mondo; in quei momenti in cui vorresti spiegare che quella collaborazione così strana, iniziata quasi per caso, ti ha poi portato amicizia, viaggi, lunghe ore di chiacchierate, scontri, dubbi, incontri e tutte quelle sensazioni ed esperienze così umane e indimenticabili che solo narrarle le svuota di significato. Quei momenti in cui vorresti spiegare che ci sono lavori che hai lasciato e che non rifaresti più, ma nati in occasioni delle quali rimpiangi il contesto.
Quei momenti in cui ti chiedono "ci dica qualcosa su questo incarico" e tu sai che non potrai mai narrare di ciò che ha contato veramente, quando ti chiedono "l'esperienza maturata durante questo periodo?" e tu non riuscirai a parlare se no di banalità, se non di cose di cui non ti interessa proprio nulla.
Quei momenti in cui guardi quella pietra incastonata in una fila di perle, e tutto è cambiato e qualcuno se n'è andato, e vorresti solo che tornasse perché c'è ancora tanto da dire e da fare.

mercoledì 29 febbraio 2012

ENVOY - Parte III

E II evento fu, nonostante diatribe, ostruzionismi, avversità per terra e per mare...
Devo dire che stavolta sono riuscita ad essere più seria, anche se qualche chicca scelta e selezionata c'è... E non solo mia, sta a voi scoprire qual è farina del mio sacco!
1. Lesson n. 1: i maltesi parlano bene inglese, forse qualcuno non benissimo, ma molti si. Forse i genitori fanno bene a mandare qui i figli a studiare, forse no. In ogni caso non è necessario dirlo davanti ad un maltese.
2. A tutta birra. Dicono che a Malta sia tipica la birra al limone, buonissima bevanda fresca, dissetante, leggera. Basta saperla ordinare, perchè se ordini una birra con tanto limone, ti ritrovi con tre quarti di Sprite e un quarto di birra, e non va decisamente bene!
3. Perle di saggezza: don't buy souvenir, buy superbeer!

Beh, bella Malta, strana... Bello più di tutto che "Dio" lo chiamano Alla (accento sulla prima a). Qui gli scambi di elementi fra le diverse religioni dimostrano quant'è bello integrare e quanto è facile...
A Malta, w ENVOY!

domenica 12 febbraio 2012

Tu

Come potrebbero passare ore e ore attaccati al pc per portare a termine un lavoro senza il giusto aiuto?
Come si potrebbe tener testa alla stanchezza e al sonno?
Come ricordarsi di dover mangiare, bene, riposare senza qualcuno che te lo ricorda?
Come distrarsi un po', senza qualcuno che ti faccia ridere e divertire?
Tu, il lato umano del troppo lavoro.

sabato 11 febbraio 2012

Riportata a casa

Guardando dalla finestra il freddo bello dell'inverno: cielo latteo, il giardino candido, rami curvi come archi bianchi, il silenzio delle macchine lontane, il loro passaggio attutito dalla neve.
Dentro, a distanza di due anni e più, sono felicissima di ricominciare a lavorare su sviluppo sostenibile e gestione integrata delle risorse, progettare percorsi turistici e culturali che salgono fino al vulcano e scendono dalle Forre, entrano nei teatri e scarpinano in mountain bike, vanno a cavallo e sanno di archeologia.
Preparo bandi e progetti qui in questa città che sa di casa, ma respiro un'altra aria, che mi riporta a casa.

giovedì 9 febbraio 2012

Aggratisse! - Didattica del III millennio

Spieghi, non capisce.
Spieghi, non capisce.
Spieghi, non capisce.
Aggiungi esempi, citi parallelismi, tenti astrazioni, non capisce.
Alzi la voce, ti animi, non capisce.
Tenti la strada del sorriso, non capisce.
Riscrivi il testo, non capisce.
Puoi tranquillamente passare al gatto a nove code, le attenuanti sono tutte dalla tua parte.

Un consiglio per voi, un grazie a chi mi ha dato questo consiglio, un gatto a nove code a chi l'ha ispirato!

martedì 7 febbraio 2012

I tarocchi di Angela - L'avvocato


Ah l'avvocato! Chi di noi non ha amici avvocati cui pensare in questo momento!? 
Siamo attorniati, per ogni cinese al mondo si trovano 7 avvocati, una proporzione che si fa beffa della teoria dei sosia che ciascuno ha sparsi in giro chissà dove (più degli avvocati sono solo gli studenti di giurisprudenza...)!
Ah l'avvocato, come non dedicare un tarocco a tale stuolo di professionisti, loro, si sa, razionali e cavillosi non credono ai tarocchi, ma un'occhiata a questo la daranno sicuramente, per poi trovare emendamenti persi nella memoria del codice civile.
L'avvocato, una di quelle professioni in cui nettamente si distinguono i generi: la donna avvocato - che non ho mai capito se ci tiene che si dica avvocatessa per rivendicare il suo genere - è sempre perfetta, magra, elegante, curatissima, forte. 
La donna avvocato è una superdonna per eccellenza, la guardi e dici "ma come fa?", volteggia sui tacchi mentre con equilibrismi che manco il contorsionista di Moira Orfei porta in studio sette faldoni zeppi di carte per la nuova causa, sempre trascinandosi dietro la porta documenti (e che porta documenti!) passa dal consolare con tono solidale clienti disperati, a dettar legge (sic!) su comportamenti in aula per i più irrequieti.
L'amica avvocato ha sempre una risposta a norma di legge pure per i problemi più improbabili, quanto meno sai che ti darà assistenza legale quando tornerai in negozio per cambiare taglia temendo che non basti presentare lo scontrino.
L'uomo avvocato, invece, non volteggia ma filosofeggia! Per lui il diritto è uno stile di vita, il suo motto è "siccome-lo-dice-la-legge-allora-si-può", fingendo di ignorare che c'è un mondo che si chiama "Emozioni" che la legge non può regolamentare... Poi lo vai a stanare, però, il cuore dell'amico avvocato, quando cerca consiglio per comprare il regalo alla fidanzata...
In ogni caso, che sia donna o uomo, loro "lo" sanno... Cosa...? Chiederete voi. Tutto! 
Loro già sanno tutto, conoscono i codici a memoria, quindi possono dire di sapere tutto, con la stesso meccanismo di presunta superiorità dei pianisti sugli altri strumentisti!
Sulla figura del povero (povero...? Se è povero non è avvocato, è praticante) avvocato è stato detto tanto, sempre sul filo fra l'essere un paladino di giustizia o in qualche modo un complice dei suoi clienti (ma questo non è l'avvocato, precisiamo, questo è il delinquente). 
Per chiudere ricordiamo che all'avvocato va sempre detta la verità, un assioma che nutre la sua sicurezza di sapere tutto... D'altra parte, se credete che i confessori religiosi ne abbiano da raccontare più di voi, allora la verità non resta che dirla a lui!
Il numero della carta dell'avvocato è 1509. Non potrete giocarlo al lotto (a meno di scomposizioni), ma tanti giorni dura mediamente un processo civile in Italia!
Il disegno, perfetto come sempre, con l'indice impertinente di chi conosce le cose, è del bravissimo Andrea Luceri, www.lucuferocomics.blogspot.com.

venerdì 3 febbraio 2012

E forse ha ragione pure lui

Forse è troppo facile parlare dall'alto di garanzie per pochi, per questo, quindi, forse avrebbe fatto meglio ad usare altre espressioni, però, chissà, forse davvero ha ragione lui.
Andando oltre le parole utilizzate, che non dovevano essere quelle, l'idea di base la condivido da sempre: evitare accuratamente il lavoro che dura una vita per cercare ogni giorno di fare quello che più mi piace!
E così non mi sono iscritta alla scuola di specializzazione per l'insegnamento, pur sapendo che nel giro di poco tempo magari sarei passata di ruolo e avrei avuto accesso al posto fisso. Ho evitato accuratamente di causare traumi a generazioni di alunni incolpevoli e di incatenarmi a vita ad un ruolo che prima o poi (prima, molto prima...) mi avrebbe stancata, annoiata.
Effettivamente sapere oggi che fra trent'anni farò ancora la stessa cosa, un po' mi angoscia.
Adesso vivo sulle montagne russe, come un po' tutti i precari credo, fra i picchi di entusiasmo e adrenalina degli incarichi nuovi, dei progetti che iniziano, dei lavori che si avviano, e le cadute brusche dei "no" messi in fila come perle, dei ritardi nei pagamenti, dei dubbi del domani.
Certo ci sono estremi di finte collaborazioni che obbligano la partita IVA, di contratti firmati in bianco con clausole ignote e altre terribili pratiche che non possono essere tollerate, ma in qualche modo è chiaro a tutti che il nostro sistema non è più sostenibile e che quindi qualcosa la dobbiamo cambiare. 
Potremmo andare anzitutto verso una flessibilità interna ad un posto di lavoro comunque garantito, perchè non è detto che, pur mantenendosi all'interno di una certa organizzazione o di una certa azienda, di uno stesso ente, non si possa ad un certo punto cambiare ruolo o funzione quando lo si voglia. Certo lo stato è un gran macchinone e non può stare alla mercè di chi all'improvviso decide di essere stufo di un compito e vuole cambiarlo, ma si potrebbe cominciare a pensare ad una scansione temporale entro cui al lavoratore viene chiesto di decidere che strada prendere, magari con step pluriennali.
La pianificazione faticosa, la strada è lunga, ma non è detto che non si trovi un soluzione.
Dicono che il nostro nuovo modello di organizzazione del lavoro è la Danimarca e io ci spero tanto!
I danesi mediamente, nella loro vita professionale, cambiano 7-8 lavori, girano da un'azienda all'altra, da un progetto all'altro sapendo che, investendo su se stessi, il prossimo lavoro è sempre dietro l'angolo.
L'importante è che del modello danese ci arrivi tutto, ma proprio tutto: le possibilità e la vastità di offerte che rendano il precariato attuale una flessibilità interessante, l'assistenza sociale che copre ogni momento della vita e non la latitanza del welfare italiano, la parità di accesso al mondo del lavoro per tutti, l'ottimismo, l'intraprendenza e tanto altro.
Personalmente poi non mi piace avere paura dei cambiamenti, che magari portano con sè l'opportunità che cerchiamo da una vita!
Forza ragazzi, ottimismo! A quanto pare, non c'è del marcio in Danimarca e se portano in Italia il modello danese... A noi ragazze va in ogni caso bene!