Benvenuti!

13/104 è il numero magico, e ora? E ora è tutto da scoprire, sicuramente il meglio arriva da adesso in poi... Buona lettura!


martedì 27 marzo 2012

Squadre

Cos'è che rende una squadra vincente? Ultimamente mi sono trovata ad osservare il lavoro di team così diversi per ambito lavorativo, storie e personalità, da trovare difficilmente il punto in comune fra loro, anche se mi sembrava, guardando un gruppo, di vederne un altro all'opera in tutt'altra attività ma con le stesse dinamiche.
Mi pare che per rendere vincente un team ci vogliono anzitutto individui capaci, ma individualità non troppo spiccate, ci vogliono coraggio e pazienza, chi guida e chi segue.
Ci vuole chi fa il lavoro che non si vede, i protagonisti assoluti dell'operosità dietro le quinte e chi sappia essere ben rappresentativo. Ci vuole l'umiltà di riconoscere i propri limiti, l'onestà di ammettere che altri sono più bravi, la semplicità di mostrarsi per come si è, la faccia tosta di ammettere di essere i migliori. Ci vuole una scommessa, un obiettivo. Ci vuole il polso di chi guida e il senso critico di chi segue. In ogni caso ci vuole il contorno ed il contesto giusto, che aiutino ciascun elemento a sentirsi al posto giusto ed utile per il gruppo.
E alla fine e prima di tutto, ci vogliono testa e cuore.
Fra le persone che leggeranno questo post, tante potrebbero pensare che è rivolto a ciascuno di loro, che è adatto ad un qualunque difficile passaggio lavorativo di quando si lavora in gruppo. Io, come sempre, scrivo sperando che in tanti vi si possano rispecchiare, ma il post non è per nessuno in particolare.
Anzi, è per mio fratello Checco, che ovunque vada si fa ascoltare ed amare.

mercoledì 21 marzo 2012

Pendolare

Per lavoro presente che stenta a decollare e passato che resta presente, ogni giorno pendolo. Pendolo fra il posto in cui vivo e quello in cui lavoro, ma - cosa ben più interessante - pendolo fra la Sicilia e la Lombardia quasi mensilmente. Il quasi include volte che, per dar seguito ai miracoli, ho pendolato con andata e ritorno in giornata, attaccata al minuto alla puntualità del volo di andata e al ritardo sperato per quello di ritorno. I passaggi in aeroporto mi piacciono sempre, vedi gente d'ogni tipo caricata sulla stessa scatoletta volante. In media ogni aereo da un passaggio a: genitori anziani che tornano a casa dopo breve vacanza dal figlio (breve per loro, infinita per il figlio e, soprattutto, per la nuora); sciantosa che anche a quest'ora, come alle sei del mattino, e' sempre perfettamente sciantosa; grigio uomo d'affari con altrettanto grigio trolley che viaggia con altrettanto grigio uomo d'affari con altrettanto grigio trolley; famiglia con bambino tanto docile e calmo che anche Maria Montessori avrebbe difficoltà; io e quelle come me, ragazze di una certa età, con la testa sufficientemente svagata, l'aria sufficientemente stanca, ma l'occhio sempre ben sveglio sulla marca della borsa o la perfetta manicure della sciantosa di cui sopra. Pendolare per lavoro fra due regioni così diverse, comunque, non rappresenta solo un cambiamento di luogo, ma anche, in qualche modo, un cambio di marcia... Arrivo da una Milano sempre esigente e puntuale, piena di gente che sa sempre Perfettamente cosa fare, una Milano poco indulgente, ma anche tanto viva, a mio avviso eccessivamente precisa e puntigliosa fuori posto, ma anche così comoda per lavorare... Parto da qui e arrivo in Sicilia... So che dovrò fare un carico di pazienza per sorridere davanti ai vari "ora videmu", "perché ti preoccupi", "signurina prima prendiamoci un bellu caffè", "e con questo sole e questo mare lei oggi che viene a chiedere?"... Dovrò fare anche un carico di stupore e ammirazione vedendo anche le tante persone che lavorano e si applicano con impegno, passione e sacrifici anche doppi rispetto a quanto non ci metterebbero lavorando al nord. So che faro' un carico di gioia, perché non ce n'e come arrampicarsi per l'Etna con il famosissimo pandino giallo per raggiungere il posto della riunione, e scendere con il portabagagli pieno di viveri... So che ripartirò con rabbia e allegria insieme, perché anche stavolta non riuscirò a spiegarmi perché in un luogo così beato, il lavoro debba essere un miraggio e la disorganizzazione e l'impreparazione la regola, interrotte ogni tanto da ammirevoli eccezioni. Allegria e rabbia, perché siamo così bravi ad improvvisare che al nord se la sognano la nostra arte di arrangiarsi, ma sono certa che saremmo ancora più bravi se riuscissimo a lavorare in condizioni normali. Vado, finalmente chiamano il mio volo, in ritardo di un'ora e mezza... La compagnia e' siciliana... Inizia lo slow mood... Ho detto tutto!

mercoledì 14 marzo 2012

Aggratisse! - Quando vai di fretta

Sarà capitato anche a voi (canticchiando "Zum zum zum"), anche se non si tratta di avere una musica in testa, ma una gran fretta.
Sarà capitato anche a voi, una giornata di lavoro in cui insegui l'inseguibile, speri di arrivare a fare tutto e intanto cerchi qualcosa contro il mal di testa, segni la lista della spesa sui post-it che appena attaccati automaticamente si staccano, fai due chiamate e ti illumini di immenso quando vedi le lancette segnare la tua ora, il tuo momento. 
Sarà capitato anche a voi, di pensare "giusto un'ultima occhiata alla posta e chiudo"... NO!
Il consiglio Aggratisse non del giorno, ma di una vita è NO! Non fatelo! Nessuna ultima occhiata, nessun giusto-per-sapere-poi-provvedo-domani, NO! Potrebbe succedervi l'impensabile, come è successo a me.
L'ultima occhiata è caduta su un fax online, attirando la mia attenzione, visto che fax non ne arrivano quasi mai. Il problema è che il fax era dalla procura della repubblica di una città indirizzato al comando di polizia di un'altra città che mandava un invito a comparire per un cittadino lì residente ma di altra nazionalità. Chiedo consiglio e mi dicono di telefonare ai carabinieri della città di destinazione, che si fanno mandare il fax e mi richiamano, loro non possono far nulla, devo richiamare in procura. Richiamo in procura al numero dato sul fax e chi mi risponde - giuro! - dice che deve verificare con sè stesso se è stato lui a mandare quel fax! Ha detto proprio così! Insomma, passa un quarto d'ora di verifica con sè stesso e mi richiama, mentre io mi stavo interrogando sulla tipologia di disagio di personalità che avrà quello dall'altro lato del telefono, che ci mette tanto per verificare con sè stesso...
Ad ogni modo, il fax l'aveva mandato lui, che non può però semplicemente correggere il numero del destinatario (magari su questo non è d'accordo con sè stesso, chissà) ed inviarlo a quello corretto, eh no, troppo facile... Devo farlo io! Mi chiede quindi di inoltrare il fax al numero esatto di destinazione...
Il mio senso civico prevale ed ubbidisco... NO! Voi non lasciatelo prevalere!
Il mio fax è online, quello del comando di polizia no e non potevano leggere la mail, per cui ho dovuto prima telefonare, verificare il numero, stampare il fax e inviarlo, contemporaneamente salutando con la manina l'intenzione di uscire dall'ufficio ad un orario decente.
Riassumendo, consiglio Aggratisse: ci sono momenti, che solitamente si concentrano fra le 18.00 e le 18.30, in cui, credetemi, il vostro senso civico può proprio aspettare!

sabato 10 marzo 2012

I miracoli

Il 31 gennaio sono stata chiamata per un incarico passato da abbastanza-impegnativo a bello-tosto quando mi hanno detto che la scadenza era il 15 di febbraio. Il committente mi disse, con quel mezzo sorriso di chi ti sta calando un pacco, "si tratta solo di un mezzo miracolo, Angela".
Giovedì mi manda una mail, c'è ancora qualcosa da fare e correggere su quel lavoro; beh, ha mandato una mail, se fosse stato urgente avrebbe telefonato, per cui penso che non sarà urgente... Rileggo la mail e la scadenza è le 7.00 dell'indomani mattina! Lo chiamo perplessa, altro mezzo sorriso, altra naturalezza nella voce: "Angela, ultimo piccolo miracolo"...
Ieri sera altra mail con ulteriori aggiunte in scadenza oggi! Il commento, neanche a dirlo, "almeno stavolta hai più tempo a disposizione per il miracolo".

Qua i dati da segnalare sono due:
1. Avrete notato che il pacco andava crescendo di giorno in giorno.
2. Con "Tu che non credi ai miracoli, ma li sai fare" il buon De Gregori intendeva tutt'altro.

Le osservazioni da fare, di conseguenza, sono due:
1. Sarà pure gratificante la stima dimostrata, ma un lavoro normale e i giusti tempi no, eh!?
2. Non credo ai miracoli e non ne voglio fare!

venerdì 2 marzo 2012

Come spiegare

Per i lavoratori precari, la compilazione del cv è un'operazione sempre più complessa.
La vita del precario è una somma di lavori, anche diversissimi fra loro, che si susseguono - nella migliore delle ipotesi senza sosta - e diventano causa di gravi crisi di identità quando si tenta di metterli su carta in fila uno dietro l'altro. A volte, a vederli dettagliati nero su bianco, si evidenziano le differenze abissali fra un incarico e l'altro e si teme di dare l'impressione di aver improvvisato per tutta la vita, prendendo quello che passava il convento senza un percorso, senza un progetto.
Crisi che si acuisce se si comincia a dare ascolto a sedicenti consiglieri e consulenti: fai un cv creativo, metti tutto, non mettere niente, specifica, metti in nota... Crisi di proporzione abissale se ci si confronta con le richieste della pubblica amministrazione, una asettica cronologia di date e luoghi.
Crisi che non ti lascia, quando vorresti che l'inchiostro da solo spiegasse come mai hai svolto quell'incarico assurdo, o come mai hai lasciato il lavoro più sicuro del mondo; in quei momenti in cui vorresti spiegare che quella collaborazione così strana, iniziata quasi per caso, ti ha poi portato amicizia, viaggi, lunghe ore di chiacchierate, scontri, dubbi, incontri e tutte quelle sensazioni ed esperienze così umane e indimenticabili che solo narrarle le svuota di significato. Quei momenti in cui vorresti spiegare che ci sono lavori che hai lasciato e che non rifaresti più, ma nati in occasioni delle quali rimpiangi il contesto.
Quei momenti in cui ti chiedono "ci dica qualcosa su questo incarico" e tu sai che non potrai mai narrare di ciò che ha contato veramente, quando ti chiedono "l'esperienza maturata durante questo periodo?" e tu non riuscirai a parlare se no di banalità, se non di cose di cui non ti interessa proprio nulla.
Quei momenti in cui guardi quella pietra incastonata in una fila di perle, e tutto è cambiato e qualcuno se n'è andato, e vorresti solo che tornasse perché c'è ancora tanto da dire e da fare.