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13/104 è il numero magico, e ora? E ora è tutto da scoprire, sicuramente il meglio arriva da adesso in poi... Buona lettura!


martedì 2 agosto 2011

Ma tu che lavoro fai? - Parte III

Il mio è un lavoro a progetto.
Una sola semplice frase dai molteplici significati, come spesso accade con la lingua italiana, che ti permette di dire tutto usando due parole o niente scrivendo pagine e pagine, di essere compreso fra metafore e figure retoriche e frainteso quando parli semplicemente, che ti permette di smentire ed affermare utilizzando sempre le stesse parole... Ah, la lingua dei mercanti e dei poeti!
Mercanti di lavoro e poeti nelle intenzioni, posso dirvi che "il mio è un lavoro a progetto".
Potrei voler dire, cioè, che saltello da un contratto a progetto ad un altro, vivo fra Co.Co.Pro., strane creature dell'universo lavorativo, veri e propri freak contrattuali: si ostinano a chiamarli contratti atipici, ma cosa è rimasto in Italia di più tipico di un Co.Co.Pro.? Un vero simbolo generazionale, fra i 25 e i 35 tutti ne abbiamo o ne abbiamo avuto almeno uno!
In questo caso, comunque, voglio dire che il mio lavoro è scrivere progetti, che non significa, come ho già detto, che faccio l'architetto nè ingegnere.
Scrivere progetti significa dare una forma fattibile alle idee, comporle parte per parte. Vuol dire avere una visione prospettica su una determinata situazione, su un oggetto, un tema, un territorio e proporla in maniera articolata e convincente. Vuol dire mettere in gioco il proprio entusiasmo e attirare quello degli altri.
Talvolta può capitare anche di gestire i progetti che ho scritto o che hanno scritto altri, ovviamente se sono stati finanziati.
Dalla progettazione alla realizzazione tutto cambia: improvvisamente entrano in gioco dinamiche che nulla hanno a che vedere con il progetto stesso, si devono cercare gli alleati e capire chi sono i detrattori, bisogna armarsi di pazienza per spiegare e rispiegare, aspettare, attendere e aspettare.
Ti trovi in riunioni con lanciatori di nebbie e raccoglitori di dubbi, con menti belle come altopiani alpini o chiuse come valli strette, con giovani che stentano a modernizzarsi e anziani che vogliono collaborare.
Quintessenza della precarietà, è vero, però non è anche bello cambiare ogni volta colleghi e referenti...?
...Soprattutto se oggi mi levate davanti velocemente queste specie di mulini a vento!

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